2018, servono Governo e maggioranza nuovi

Tra il voto in autunno e quello in primavera prossima ci passa una “finanziaria”, che rappresenta il vero incubo politico di questa maggioranza. Per la verità l’incubo è un po’ di tutti, con la differenza non trascurabile che per gli opportunisti è di tipo elettorale, per gli altri è di sistema. Entro dicembre, infatti, non solo dovranno essere trovati una trentina di miliardi di euro per quadrare i conti, ma bisognerà impostare l’economia per quello che sarà l’anno più difficile, il 2018.

Nel 2018 finirà il Quantitative easing, Mario Draghi terminerà il suo mandato, la politica dei tassi zero invertirà il percorso, le due velocità in Europa prenderanno corpo. Insomma, il prossimo sarà l’anno della verità per molte di quelle ipotesi che fino a ora sono state solo sulla carta, a partire dalla permanenza dell’euro per come è oggi. Si tratterà, infatti, di cambiamenti di strategia economica e finanziaria radicali, che potrebbero condurre davvero a una rivoluzione monetaria.

Al posto di Draghi ci sarà un tedesco, probabilmente Jeans Weidmann, che non solo è un “falco”, ma che notoriamente insieme a Wolfgang Shäuble non ama l’Italia e i Paesi cosiddetti minori. Come se non bastasse, c’è da mettere nel conto che assieme al totale cambiamento della politica monetaria in seno alla Banca centrale europea, nel 2018 ci sarà la reazione dei mercati a questo cambiamento.

I mercati si sa non solo non guardano in faccia nessuno, ma appena fiutano l’odore di sangue, affondano i denti senza pietà per succhiarne il più possibile. Ecco perché la Legge di stabilità che l’Italia deve mettere in piedi quest’anno, oltreché durissima, dovrà essere la meno ipocrita di sempre. L’ipocrisia, infatti, ammesso e non concesso, può funzionare con gli elettori, ma certamente non con i mercati, specialmente oggi. Dunque per il Governo in carica reperire 30 miliardi di euro per bloccare le salvaguardie Iva, compensare i buchi pregressi e investire qualche soldo in stimolo economico, sarà un’impresa titanica. Per non parlare di tutti i veri nodi che anziché essere risolti sono stati fino a oggi messi sotto il tappeto: banche, Jobs Act, bonus, pensioni d’oro e spesa pubblica che pesa. Perché sia chiaro, il motivo per cui nonostante gli interventi la spending review non ha funzionato, è quello di aver tagliato tutto tranne ciò che veramente sarebbe stato necessario di tagliare.

C’è troppo Stato, troppi nullafacenti, troppi enti inutili, troppi privilegi, per non dire della corruzione e della gestione allegra delle aziende pubbliche. Un quadro insomma che è rimasto inalterato rispetto ai veri mali del Paese che lo hanno portato alla devastazione del debito e dei conti che vediamo e subiamo. Ecco perché l’ipotesi di votare in autunno per lasciare che sia un nuovo governo ad affrontare una Legge di stabilità straordinaria in tutti i sensi, è più che probabile. Al contrario, rimandare il voto in primavera può significare l’ennesimo tentativo di fare una finanziaria “fasulla”, che come al solito scarichi sul futuro i nodi da sciogliere. Tra le due ipotesi noi siamo per la prima, il voto in autunno, il 2018, sarà, infatti, troppo importante perché sia iniziato da un governo posticcio e terminale come quello attuale.

È questa una riflessione che suggeriamo a tutti, a partire dal capo dello Stato, anche perché chi ha tempo non perda tempo e all’Italia di tempo ne è rimasto davvero poco, molto poco.

Aggiornato il 27 maggio 2017 alle ore 07:51