Consip: perquisito il giornalista Lillo, interrogato Vannoni

L’informativa del Noe dei Carabinieri del 9 gennaio scorso, coperta da segreto e finita sui giornali; la telefonata tra l’ex premier Matteo Renzi e suo padre Tiziano, anche questa segreta e confluita nel libro “Di padre in figlio”: la Guardia di Finanza di Napoli, su mandato della procura partenopea, è andata a cercarli a casa di Marco Lillo, il giornalista del Fatto Quotidiano autore degli scoop sull’inchiesta Consip e sulla fuga di notizie. Il decreto di perquisizione, firmato dal procuratore aggiunto Alfonso D’Avino e dal pm Graziella Arlomede, è la conseguenza di un’iniziativa della difesa di Alfredo Romeo, l’imprenditore napoletano ora ai domiciliari per aver dato circa centomila euro all’ex responsabile dell’ufficio acquisti di Consip Marco Gasparri affinché quest’ultimo favorisse le sue aziende nella gara da 2,7 miliardi per il facility management.

“Non abbiamo denunciato Lillo - sottolinea l’avvocato Giovambattista Vignola - abbiamo chiesto di verificare se all’origine delle notizie contenute nel libro ‘Di padre in figlio’ vi possano essere stati dei reati, come la violazione del segreto d’ufficio o altri”. Lillo al momento non è indagato ma nei suoi confronti è scattato anche il sequestro di cellulari e pc con l’obiettivo di analizzare i documenti presenti, le chiamate e le chat su Whatsapp e Telegram. L’ipotesi di reato è di rivelazione del segreto d’ufficio attraverso la pubblicazione del libro e riguarda, si legge nel decreto “un pubblico ufficiale”, al momento ignoto, che “avvalendosi illegittimamente di notizie non comunicabili in quanto coperte dal segreto investigativo, riferibili ad atti depositati presso l’autorità giudiziaria di Napoli, le abbia indebitamente propalate all’esterno”.

“C’è un telefonino, quello di Tiziano Renzi, che è accusato da mesi di traffico di influenze dalla Procura di Roma e che, però, non è stato mai preso - sottolinea il giornalista sul sito del Fatto - Perché, evidentemente, interessano più il mio e quello di Federica Sciarelli”. Inoltre, aggiunge Lillo, “l’informativa del 9 gennaio era in possesso di tutti i grandi giornali italiani dal giorno prima rispetto a quando l’ho avuta io”. Intanto la procura di Roma prosegue i suoi accertamenti per arrivare alla fonte della fuga di notizie che ha svelato l’inchiesta.

I magistrati, dopo aver completato l’estrazione dei dati ritenuti utili, hanno restituito il telefonino a Federica Sciarelli, e hanno sentito in qualità di indagato il presidente di Publiacqua, la municipalizzata di Firenze, Filippo Vannoni. Sarebbe stato lui, secondo quando ha messo a verbale l’ex Ad di Consip Luigi Marroni, una delle quattro persone che gli rivelò delle microspie del Noe nel suo ufficio: “una prima volta subito prima dell’estate del 2016 e una seconda volta” ad inizio dicembre 2016 “mi ha detto e ribadito che avevo il telefono sotto controllo”. Sentito dai magistrati di Napoli il 21 dicembre scorso, Vannoni prima ammise la circostanza, dicendo però di non ricordare chi glielo avesse detto e, successivamente, aggiunse: “fu Luca Lotti a dirmi che c’era una indagine su Consip, dicendomi di stare attento; ricordo che il Presidente Renzi mi diceva solo di ‘stare attento’ a Consip”.

Aggiornato il 06 luglio 2017 alle ore 10:53