Italia al rogo, l’estate del nostro scontento

Il Sud d’Italia è in fiamme. Colpa delle alte temperature? Non proprio. Dietro i roghi spunta la mano criminale dell’uomo. Non c’è più limite a ciò che la scelleratezza di persone vigliacche possa fare. Sono saltati tutti gli schemi del patto sociale e la barbarie di chi è pronto a distruggere ogni cosa pur di perseguire un proprio egoistico interesse, ancorché illecito, è divenuta la dominante “culturale” in ampie zone del Mezzogiorno.

Come in Campania, dove si registrano focolai d’incendi ovunque. Il Parco Nazionale del Vesuvio non esiste più. Addio alla macchia mediterranea. Addio alla Ginestra, fiore del Vesuvio, che il grande Giacomo Leopardi immortalò dalle pendici torresi del vulcano. È così che muore un mondo: tra le fiamme. Il Monte Somma, sede naturale di preziose colture agricole, è stretto nella morsa di fuoco. Bruciano gli antichi vitigni di Terzigno. Quest’anno, e per molti anni a venire, tanta “Lacryma Chrysti” e tanto “Caprettone” non vedranno le botti e mai saranno vino. Le lingue di fuoco avanzano ma non incontrano resistenza che non siano le braccia generose dell’“esercito di Francischiello” dei giovani volontari. Come le donne di “Farmaciste Insieme”, l’associazione presieduta da Angela Margiotta, e supportata in loco dal lavoro di Myriam Mazza, che ha trascorso le ultime notti a prestare assistenza sanitaria alle popolazioni colpite al fianco dei soliti meravigliosi vigili del fuoco. Dove sono finiti i “Canadair”, i canguri del cielo con i marsupi in lega d’alluminio carichi d’acqua? Se ne sono visti pochi. Le autorità del posto non hanno dubbi sulle responsabilità: c’è la mano della malavita. Gli incendi sarebbero una ritorsione contro il piano d’abbattimento delle costruzioni abusive nell’area del vulcano. È a questo che siamo ridotti: al Sud che si dibatte tra legalità e anti-Stato.

Credevate che per comprendere la radice del male in Campania, come in altri luoghi del Sud, bastasse leggere “Gomorra”? La Camorra sta nei roghi appiccati con premeditazione. La Camorra, come la Mafia, sta nella convergenza d’interessi con la cosiddetta società “perbene” che va la domenica in chiesa e manda i figli nelle migliori scuole ma che non disdegna di fare comunella con i fuorilegge quando in ballo ci sono i propri interessi. La Camorra sta nel colpire a morte l’ambiente oltre le persone. Già, perché le vittime delle fiamme di oggi saranno le vittime delle frane di domani. Un territorio ad alto rischio idrogeologico che viene privato delle capacità drenante del suo patrimonio boschivo non reggerà agli smottamenti franosi causati dalle prime piogge. Ma come ci si difende da questo scempio? Vale ciò che si dice sulla legittima difesa. Uno Stato di diritto non deve permettere che sia il cittadino a farsi giustizia. È suo il compito, non del singolo individuo. Ma come? Di una cosa siamo certi: nelle convulse cronache dai luoghi in fiamme non abbiamo mai sentito pronunciare le parole: Corpo forestale. Dove sono finite le nostre truppe “verdi”? Fino all’ultima sciagurata riforma delle funzioni nella Pubblica amministrazione, toccava a loro il coordinamento degli interventi per la prevenzione e il contrasto degli incendi boschivi.

Sarà un caso, ma da quando il Corpo per volere del Governo Renzi è confluito nell’Arma dei carabinieri è avvenuto un demansionamento dei suoi quadri dirigenti che ha mandato in fumo decenni di esperienza e di formazione specifica sul campo. Ma con tanti soldi da recuperare dalla lotta agli sprechi si doveva fare economia proprio a spese del Corpo Forestale? Quando si parla di disastri che i governi di centrosinistra stanno procurando al Paese, è a queste illogiche iniziative che ci si riferisce. Allora come si fermano i criminali prima che riducano tutto il Sud ad un solo drammatico tizzone di fuoco? Tocchiamo un aspetto estremamente delicato che potrebbe scuotere le coscienze di molti garantisti. Parte della soluzione sta nell’innalzamento delle pene per i colpevoli del reato d’incendio boschivo. Preveniamo l’obiezione garantista: non è con più castigo che si educano le coscienze. Verissimo. Tuttavia vi sono delle circostanze nelle quali la deterrenza esercitata mediante la minaccia di pene più severe può funzionare.

C’è poi una questione di principio che non può essere taciuta. Attentare all’ambiente è o no un reato grave? Se lo si riconosce tale deve essere punito adeguatamente. Non sarebbe male se le autorità s’impegnassero di più nel perseguire questo odioso crimine e che un po’ di colpevoli finissero per un lungo tempo dietro le sbarre. La società si difende anche così: sbattendo in galera i piromani che non sono bravi ragazzi dall’accendino facile ma sono camorristi e mafiosi all’opera.

Aggiornato il 13 luglio 2017 alle ore 22:10