Se la libertà è quella di “fare il bene”

Pare che sia la volta buona: avremo, nientemeno, una legge elettorale. “Rosatellum bis”, a quanto pare, che dovrebbe assicurare il risultato “necessario” che è poi il vero oggetto (il risultato) dell’accordo. Per ora ho rinunciato a capire come sarebbe congegnata. Una cosa è certa. Nella parte “proporzionale” non sarà “concesso” agli elettori esprimere preferenze. Così non si lasceranno coinvolgere in beghe clientelari, in personalismi, rischiando di fare cattivo uso del diritto di voto.

Libertà, ma con “opportuni accorgimenti” perché “non se ne abusi”, non se ne faccia cattivo uso, rovinando questo prezioso diritto. Non è solo con la legge elettorale che lorsignori si prendono così cura delle nostre coscienze. Da quando si sono convertiti ai principi della democrazia ed al rispetto delle libertà fondamentali (si fa per dire) certi soloni, che sarebbero, poi una parte di quella massa di imbecilli che, come diceva Sciascia, sono tanti e, a quanto pare godono ottima salute, si danno un gran da fare per “migliorare” e “superare” il liberalismo (nei confronti del quale hanno conservato antiche ostilità sostenendo, appunto, di doverlo “superare”). Sfornano “correttivi”, interpretazioni, ulteriori diritti che, magari riducono la libertà ad una parola vuota ed inconcludente. Ma ne conservano, ci assicurano, l’evoluzione che sarebbe, poi, quella di obbligare al buon uso della libertà stessa. Tutto il nostro sistema istituzionale e costituzionale è stato così “corretto”. A fin di bene, naturalmente.

La Costituzione stabilisce che tutti sono elettori ed eleggibili, salvo i casi di indegnità stabilite dalla legge e da sentenze passate in giudicato. Ma per correggere il cattivo uso di questa norma (l’elettorato, attivo e passivo, è fondamento e carattere distintivo dei regimi liberi) questi signori che, naturalmente sono dei moralisti con un concetto tutto loro della moralità, hanno inventato qualcosa che si “aggiunge”, che “perfezioni” l’eleggibilità. Eleggibili va bene. Ma non tutti gli eleggibili sono “candidabili” (Legge Severino).

Ci sono, dunque eleggibili non candidabili. Così si evita che si faccia un uso “sfacciato” dell’eleggibilità. La Costituzione stabilisce che “ogni membro del Parlamento rappresenta l’intera Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. La stessa cosa diceva già lo Statuto Albertino. Ma qualcuno dice che bisogna stabilire che se un parlamentare cambia gruppo e “passa al nemico”, male esercitando il mandato dell’intera nazione, deve decadere dalla carica. Il divieto del mandato imperativo vietato dalla Costituzione sarebbe solo il divieto di oscuri legami, di torbide camarille. Anche questa norma dovrebbe essere “adattata” perché funzioni solo “a fin di bene”.

Tutti questi “perfezionisti” del liberalismo e delle nostre libertà e, soprattutto delle libertà delle Istituzioni, ripetono, magari inconsciamente, essendo per lo più degli ignoranti, gli argomenti della reazione cattolica all’illuminismo, dei masnadieri e dei predicatori degli “antichi regimi”, dell’assolutismo e, poi, dei regimi totalitari (che andarono anche oltre). Gente che, invocando la Scolastica, San Tommaso, il Sillabo di Pio IX (non per niente oggi fatto “beato”, cioè vice Santo), con le prediche dei Padri Bresciani e gli articoli della “Civiltà Cattolica” per tutto il secolo XIX ed oltre, faceva appunto questi discorsi, tali e quali, in sostanza, a quelli, oggi, del “superamento” di un semplicistico liberalismo: la libertà, l’unica libertà è quella di fare il bene. Solo che quelli di allora erano, in fondo, più espliciti e, magari, persino in buona fede e volevano salvare il Mondo da Satana, dalla “rivoluzione” che aveva tagliato diecine di migliaia di teste.

Quelli di oggi ci vogliono salvare, stabilendo come possiamo e dobbiamo essere liberi e democratici, dalla mafia, dal populismo, dalla “chiusura sociale”, dal maschilismo, dal femminismo e, magari, dal ritorno al potere di Benito Mussolini, ammazzato più di settant’anni fa mentre cercava di scappare in Svizzera travestito da soldato tedesco (già, avevo dimenticato di parlare del divieto di esser fascisti stabilito per legge). La pretesa dell’andare oltre i “superati” principi liberali non investe solo il diritto costituzionale, la struttura e il funzionamento della Repubblica, dello Stato. Il principio che si possa punire solo chi, secondo prove che escludano ogni ragionevole dubbio, abbia commesso un crimine è “migliorato” per evitare che sfuggano alla giusta punizione quelli per i quali non vi siano prove così certe. Meglio perseguire l’indizio, punire chi è capace, comunque, di commettere quel crimine. Era la dottrina ufficiale penalistica del nazismo.

Ma anche di Santa Romana Chiesa. Se proprio non “punire”, almeno “prevenire” anzi, soprattutto prevenire, impedire che i “cattivi” arrivino a commettere i crimini. E non aspettare che il crimine renda economicamente al reo. Meglio confiscargli i beni prima che possa delinquere e senza il fastidio della pedanteria delle prove. Indizi. Applicare pene (delle norme di prevenzione) quando vi sia l’indizio della appartenenza alla categoria dei reprobi. Anzi, intanto, l’indizio dell’indizio. Bello vero?

Aggiornato il 25 settembre 2017 alle ore 19:31