A Benevento si parla di Turchia e Diritti umani

La Turchia è tra quei Paesi che meritano notevole attenzione, soprattutto per l’Italia e l’Europa, a causa della deriva non democratica e della costante violazione dei principi riconosciuti dalle convenzioni internazionali. Recente la notizia della richiesta di 16 anni di carcere per 11 difensori dei diritti umani, tra i quali Idil Eser e Taner Kiliç, direttrice e presidente della sezione turca di Amnesty International. Una situazione estremamente complicata, di difficile comprensione, affrontata nel corso del convegno “Turchia: collasso della democrazia e violazione dei diritti umani”, organizzato dal Comitato di Benevento della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo, presieduto dall’avvocato Luigi Diego Perifano, nella sala consiliare della Rocca dei Rettori. All’evento hanno svolto relazioni Serife Ceren Uysal, dirigente della Chd Associazione Avvocati Progressisti della Turchia, Barbara Spinelli di Giuristi Democratici e per le conclusioni Antonio Stango, presidente nazionale della Lidu. Presenti anche Francesco Del Grosso, presidente del Circolo Manfredi; Alfredo Martignetti, dell’Ordine degli Avvocati di Benevento e come moderatrice la giornalista Enza Nunziato.

Il dibattito è stato intenso, soprattutto nell’analisi dell’attualità dello stato di emergenza in Turchia. Lo stato di emergenza consente al Presidente della Repubblica di presiedere il Consiglio dei ministri; questo può ora saltare il passaggio parlamentare ed emanare i decreti legislativi ritenuti necessari alle finalità per cui lo stato di emergenza è stato dichiarato, e in pratica sopprimere le libertà civili. Attraverso lo strumento emergenziale, in Turchia le autorità possono: limitare la libertà di movimento sul territorio nazionale, sospendere il diritto all’istruzione e l’attività delle strutture assegnate a studenti e personale accademico e scolastico, limitare eventi pubblici, sequestrare strumenti e materiale delle telecomunicazioni, adottare provvedimenti restrittivi sullo spostamento di persone via terra, mare o aria, registrare o proibire l’ingresso e l’uscita di soggetti e veicoli, dichiarare coprifuoco parziali o totali, vietare o vincolare a permesso la pubblicazione, distribuzione e riproduzione di giornali, riviste, brochure, libri, volantini e affissioni e compiere ancora molte altre limitazioni alla democrazia.

Inoltre, la libertà personale è fortemente compromessa poiché la pubblicazione e la diffusione di notizie infondate costituisce un crimine per cui sono previste non solo sanzioni amministrative ma anche il carcere da tre mesi ad un anno. Secondo l’articolo 25 dello stato di emergenza è punibile “chiunque diffonda notizie false o esagerate con l’intento di creare panico tra la popolazione. Una formulazione vaga, quella di notizia “esagerata”, che consente ampio margine discrezionale. Erdoğan stesso poi, in virtù del suo ruolo di Presidente, si colloca a capo supremo delle forze armate.

A riassumere la problematica, nel corso del dibattito, è stata Serife Ceren Uysal dichiarando: “Lo stato di emergenza in Turchia non è un problema legale, ma un problema politico”. Tale affermazione richiama immediatamente alla memoria la campagna di Marco Pannella e del Partito Radicale Nonviolento sul contrasto alla “ragion di Stato” attraverso il rafforzamento dello “Stato di Diritto”. Interessante anche l’analisi di Antonio Stango, presidente nazionale della Lidu e profondo conoscitore delle relazioni internazionali, che ha dichiarato: “Nell’annullare progressivamente le principali garanzie democratiche, Erdoğan ha scelto di abbattere le fondamenta della laicità dello Stato stabilite da Ataturk; e per limitare l’opposizione dell’apparato militare – garante costituzionale della laicità – all’islamizzazione ha fatto leva sul richiamo al nazionalismo etnico turco, riacutizzando e inasprendo la tensione con la popolazione curda, fino al rischio di guerra civile. Questo è particolarmente grave e richiede decise prese di posizione da parte degli organismi regionali dei quali la Turchia fa parte, quali il Consiglio d’Europa, la Osce e la Nato; che non è una mera alleanza militare, ma un’organizzazione fondata sui valori dello Stato di diritto, della democrazia, dei diritti civili”.

(*) Componente del Comitato Centrale della Lidu

Aggiornato il 13 ottobre 2017 alle ore 14:45