“Sull’autonomia accordo prima delle politiche”

A tre giorni dal referendum per l’autonomia, il presidente della Lombardia, Roberto Maroni, spinge sull’acceleratore e dal Forum all’Ansa di Milano che si è tenuto ieri invita il premier Paolo Gentiloni a chiudere la trattativa con la Regione prima delle politiche, evitando che diventi materia di campagna elettorale da usare “contro di lui e contro la sinistra”. La sua speranza è di aprire la trattativa sulle materie che diventeranno di competenza regionale “prima di Natale” e di trovare un’intesa con il governo attuale ancora in carica. “Sono disponibile a chiudere, se Gentiloni ci sta - ha aggiunto - prima delle politiche perché mi interessa il risultato e non utilizzare questo argomento per la campagna elettorale”. “Mi auguro che Gentiloni abbia un atteggiamento non di parte ma da presidente del Consiglio - ha osservato -, come ho fatto io che ho firmato il patto Lombardia con Renzi a novembre, sapendo che ne avrebbe tratto vantaggio per il referendum del 4 dicembre”. Il governatore evita le polemiche, anche quelle sul conto per la sicurezza che il governo ha presentato ieri a Lombardia e Veneto e che hanno fatto infuriare il suo collega Luca Zaia. Alla Lombardia “hanno chiesto 3,5 milioni per la sicurezza ai seggi, non è una sorpresa - ha spiegato - sapevamo che tutti gli oneri erano a carico delle Regioni. Sono costi aggiuntivi che abbiamo messo a bilancio”.

“Io - ha proseguito Maroni - la vedo come una cosa positiva: se la sicurezza è a carico della Regione vuol dire che lo Stato riconosce che la Regione può avere competenza anche sulla sicurezza”. Ironia a parte, Maroni non si stanca di invitare a votare. Anche ieri ha fatto un nuovo appello, spiegando che si vota negli stessi seggi “delle politiche e delle amministrative”. E più gente andrà a votare, più forza avrà la Lombardia nella trattativa con il governo “che in 16 anni nessuna regione è riuscita a chiudere”. Per questo, serve il referendum. “Qualunque dato di affluenza ci sarà - ha sottolineato - sarò più forte che senza consultazione, ma comunque se voterà il 34% si tratterà di 2,5 milioni di cittadini, che sono più degli abitanti di tante regioni”. Lui per adesso si concentra su questo e di un ruolo nazionale non vuol sentire parlare. “Nel 2013 - ha ricordato - ho fatto la scelta di chiudere l’esperienza romana. Ci ho passato 21 anni e ormai il reato è prescritto. Ho fatto tre volte il ministro, ho avuto le mie soddisfazioni e ho fatto la mia carriera. Rimango in Lombardia perché mi piace, è la mia scelta. Anche se Berlusconi mi chiedesse di tornare, direi di no”. Maroni non vuole ritagliarsi nemmeno un ruolo da mediatore fra il segretario della Lega Matteo Salvini e il leader azzurro Silvio Berlusconi perché “hanno entrambi l’interesse, con questa legge elettorale, a trovare un accordo”. “Io non sono un mediatore anche se giocavo da mediano. Comunque se c’è bisogno - ha concesso - io ci sono”.

Aggiornato il 20 ottobre 2017 alle ore 10:57