Mauro (FI): “Abolire il solve et repete”

mercoledì 15 novembre 2017


“Ho presentato un emendamento volto a modificare l'articolo 80 della Legge di Bilancio 2018, in relazione al pagamento dei tributi in pendenza di giudizio e all'abolizione dell'istituto del "solve et repete"”.

Così il senatore Giovanni Mauro, segretario alla Presidenza del Senato.

“I rapporti tra lo Stato e il contribuente italiano - afferma il senatore Mauro - sono complicati, per cause note. A partire da una pressione fiscale insostenibile, che non pone rimedio, anzi rischia di aggravare il rapporto debito-Pil. I diversi istituti del diritto tributario italiano, e in particolare del contenzioso, sono da rivedere”.

Secondo il senatore Mauro, “occorre cancellare, definitivamente, il cosiddetto ‘solve et repete’ dall'ordinamento tributario. È, in primo luogo, una questione di civiltà giuridica, una risposta pragmatica ed efficace alla ridondante demagogia sulle partite Iva e sui diritti del contribuente. La cancellazione avrebbe delle ricadute importanti sul terreno dell'economia reale, sempre più in agonia, restituendo al contribuente produttivo un minimo di tranquillità e di fiducia nei confronti dello Stato”.

Per il senatore Mauro, “il cosiddetto ‘solve et repete’ è un istituto illiberale. Nell'ordinamento italiano una norma che lo preveda è conosciuta almeno dal 1865. Essa, pone di fatto, il contribuente nella posizione di suddito ed evasore fiscale presunto. Infatti, la pretesa fiscale o contributiva deve, comunque, in parte essere soddisfatta, anche in caso di legittimo ricorso del contribuente al giudice tributario. È sufficiente un semplice ‘avviso di accertamento’ perché questo operi come titolo esecutivo con il quale violare con la forza dello Stato i risparmi e la proprietà privata tutelata per ogni cittadino dalla Costituzione. E tutto ciò, addirittura, prima dello svolgimento di un'udienza preliminare”.

Il senatore Mauro ricorda che “il cosiddetto ‘solve et repete’ è stato già dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale fin dal lontanissimo 1961, con la sentenza n. 21. Esso, tuttavia, ha continuato ad essere applicato nell'ordinamento italiano, sotto mentite spoglie, con grave pregiudizio dei diritti dei contribuenti. Mantenuto e reintrodotto in forma subdola, ha resistito alla riforma tributaria del 1973 ed è stato reso ancora più aggressivo dal legislatore in anni recenti, proprio all'inizio di quella crisi economica che ha colpito in maniera devastante il mondo dell'impresa e delle partite Iva. Il cosiddetto ‘solve et repete’ viene applicato costantemente ai contribuenti italiani, con effetti a volte letali sull'economia di tutte le micro, piccole e medie imprese, delle ditte individuali, dei professionisti, dei piccoli commercianti e artigiani”.

Secondo il senatore Mauro, “non bisogna più esigere il pagamento di presunti debiti d'imposta non ancora accertati da alcuna commissione tributaria. La modifica prevede un diverso atteggiamento delle commissioni nei confronti del contribuente. Un esempio? Se il ricorso del cittadino in appello viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza della Commissione tributaria regionale, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere rimborsato d’ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza”.

Per il senatore Mauro, “la proposta di modifica, naturalmente, gode delle coperture finanziarie necessarie. E il superamento del ‘solve et repete’, almeno una volta entrato a regime, non comporterebbe un depauperamento reale della capacità pubblica di riscossione, né comporterebbe un danno per il bene indiscusso costituito dall'interesse fiscale. Al contrario, ripristinando anche in materia tributaria un punto cardine relativo alla certezza del diritto, potrebbe contribuire a riportare un minimo di fiducia nelle aree produttive del Paese che versano in gravissima sofferenza”.


di Massimo Ascolto