Roma e Psiche, la Raggi non perdona

Virginia Raggi, che purtroppo dopo aver giudiziosamente messo sullo scanno di sindaco dell’Urbe il figlioletto, si è poi ripresa quel posto, non perdona ai romani la coglionata di averla eletta.

Ora, dopo aver messo le mani su tutto e di più, con impavida ostinazione di primordiale incapacità, ha deciso di manomettere anche gli spiriti, le menti tetragone dei dipendenti comunali (sono, a quanto pare, 23667, ventitremilaseicentosessantasette, quanto tutti gli abitanti di una cittadina, nemmeno di quelle minori) a fin di bene naturalmente. Per sperimentare tutta la guizzante modernità del pensiero pentastelluto, che si concreta nella fede nella palingenesi verso l’efficienza, l’onestà e l’opulenza. La sindaca sciaguratamente sostituitasi al figlioletto nel seggio della Sala Giulio Cesare in Campidoglio, ha rovistato nel sentito dire dei sedimenti della subcultura postmoderna e postindustriale per ridare alla Città Eterna un’amministrazione che cancelli il suo secolare e tradizionale motto “voja de lavorà sarteme addosso”, con quel che segue.

Come? Mettendo sul lettino dello psicanalista funzionari e netturbini, accalappiacani e consulenti, giardinieri e vigili urbani. E segretari, coordinatori, direttori di mercati coperti e scoperti, tramvieri ed autisti, custodi di parcheggi almeno quelli non del tutto abusivi. Ha stipulato una convenzione con l’Ordine degli Psicologi del Lazio (si potrà dunque ottenere un permesso di uno o due giorni al mese per andare a farsi strizzare il cervello a Cassino, Rieti o Vitorchiano, evitando l’affollamento dei lettini di quelli della Capitale. Gli strizzacervelli dovrebbero migliorare il rendimento, far conoscere la gioia di lavorare ai ventitremilaseicentosessantasette dipendenti, ridare ad essi vivacità e buonumore, simpatia con il pubblico e da parte del pubblico. Come una volta Aldo Fabrizi nella parte del tramviere degli anni Quaranta. Opportunamente strizzati nei loro cervelli e rimessi a nuovo nella loro psiche un po’ usurata, i ventitremilaseicentosessantasette dipendenti saranno presi da una prorompente “voja de lavorà” come se essa fosse davvero “sartata addosso” a tutti loro.

La Raggi, lo dicevamo più sopra, è tipica espressione della subcultura dei detriti sinistrorsi, conditi con quella del moderno e l’avveniristico sentito dire, tutto web e novità anzi, mi raccomando, “news” americane e giapponesi. Roma? Se fa schifo non è detto poi che “si ddura a dda durà ccusi” come scriveva Gioachino Belli meno di due secoli fa. Perché i bravi pentastellati hanno letto su Internet che certi imprenditori americani, assumendo lo strizzatore aziendale dei cervelli dei loro dipendenti, ne hanno ricavato efficienza, rendimento e dollari. Basta trasferire il metodo qui da noi e mettere anche gli accalappiacani, i netturbini, gli avvocati dell’avvocatura comunale etc. sui lettini degli psicanalisti e Roma brillerà per l’efficienza che manco in Svizzera o a Kansas City, come avrebbe detto Alberto Sordi.

Che ne dite? Io non sono un dipendente comunale e non mi pare di conoscerne (dalle mie parti i netturbini non si vedono mai e dai vigili urbani stiamo tutti alla larga), ma al mio cervello ci tengo e non me lo farei strizzare né dalla Raggi, né dagli psicologi con lei convenzionati.

Aggiornato il 16 novembre 2017 alle ore 08:01