La coerenza della sinistra

sabato 18 novembre 2017


Così come nel gioco dell’oca, la sinistra postcomunista, cattocomunista, ex comunista, radical chic, insomma comunque la si voglia individuare, non si smentisce e torna sempre indietro.

Tanto è vero che tutti gli strombazzamenti plateali di Matteo Renzi sul rinnovamento, sulla rottamazione e sul cambio di passo hanno portato alla resurrezione dei volti e degli uomini più vecchi di sempre. Sono tornati in campo Veltroni, Prodi, Fassino, D’Alema, addirittura De Mita e Di Pietro, per cercare di formare il cosiddetto rassemblement aperto, in vista delle elezioni.

Come se non bastasse, sulla pittoresca tavolozza di colori triti e ritriti, si vanno delineando miscele e confluenze con pezzi di alfaniani e di verdiniani. Appare, infatti, sempre più sicuro che da Area popolare e da Ala scelta civica un gruppetto possa finire definitivamente con il Pd. Per farla breve, si tratta e si tratterebbe di un’ammucchiata elettorale mai vista nella storia, al cospetto della quale la coalizione di centrodestra fra Berlusconi, Salvini, Meloni, sembra davvero un monolite indistruttibile.

Ecco perché viene da ridere quando il centrosinistra parla di incompatibilità, incoerenza e addirittura di pericolo, nelle alleanze del fronte di centrodestra. La verità è una sola, i cattocomunisti, i radical chic, gli illuminati di sinistra non cambiano mai, perdono il pelo ma non il vizio e, pur di resistere al potere, passano sopra qualunque cosa. Del resto, cosa dire di una coalizione che, nel tentativo peraltro difficilissimo di vincere, è disposta a mettere insieme il diavolo e l’acqua santa?

Insomma, il risultato dell’esperienza Renzi ha portato e riportato a galla esattamente tutto ciò che diceva di voler cancellare e superare definitivamente. Resta il fatto che, stavolta, gli italiani difficilmente abboccheranno a proposte politiche improponibili e, per molti versi, bugiarde e fasulle. Oggi più che mai, la gente chiede chiarezza e coerenza e rivendica il diritto a una rappresentanza che offra la certezza del voto ricevuto. L’esperienza Renzi dimostra esattamente il contrario.


di Elide Rossi e Alfredo Mosca