Doppia morale M5S colpisce ancora

I più cattivi, quelli più odiati dal Movimento 5 Stelle definiscono il gruppo in vario modo. “Fascistibuffi” alcuni, altri “Grullini”. Solo per citare alcuni appellativi. Questa storia parte dagli albori del movimento. Anno 2008, quando gli amici di Beppe Grillo conquistano l’1,7 per cento alle elezioni regionali in Sicilia. Sono le prime grandi promesse fatte dai suoi uomini appena eletti. “Noi non siamo come loro”, rivendicano decisi fuori dal palazzo. In una delle tante proteste messe in scena appena di fronte la Camera dei Deputati. Sono gli anni del V-Day. E neppure il loro leader di oggi, Luigi Di Maio, risparmia colpi contro quella massa multiforme che porta il nome di politica italiana.

Ma non è tutto oro quello che luccica. Soprattutto quando si parla del M5S. E così ti rendi conto che qualcosa non funziona dalle loro parti, quando, ad esempio, invocano a gran voce lo stop all’immunità parlamentare, mentre puntualmente fanno fatica a rinunciarci se chiamati in causa. Letteralmente.

Il protagonista di questo breve articolo è proprio Di Maio e ha per plot le reazioni alla lista dei “cattivi giornalisti” che lo stesso Giggino divulga qualche mese fa. Spedisce una lettera all’Ordine dei Giornalisti per chiedere una punizione esemplare. La loro colpa è aver riportato la notizia delle accuse di abuso di ufficio rivolte a Virginia Raggi per la nomina a capo della segreteria politica di Salvatore Romeo e le ombre su quelle polizze assicurative stipulate dallo stesso Romeo e destinate, tra gli altri, anche alla sindaca di Roma. Informazioni, secondo Di Maio, diffuse in modo inappropriato.

Per quella lettera riceve una querela. E scopriamo che il candidato presidente del Consiglio in questo caso non rinuncia all’immunità parlamentare. Conclusione: il caso viene archiviato. Una dei giornalisti responsabili della denuncia è Elena Polidori cronista del Resto del Carlino e il riferimento va ad alcune frasi scritte su Facebook da Di Maio che risalgono al 7 febbraio scorso e che riguardano la vicenda delle polizze. Lui tace. E in un suo articolo, Polidori scrive che nell’ordinanza del tribunale di Roma la querela viene archiviata in virtù dell’articolo 68 della Costituzione, che prevede, appunto, l’immunità parlamentare.

Una triste storia e un finale ancora più indegno per un pentastellato di peso e per la sua platea di elettori traditi nell’orgoglio. Poi vengono in mente le parole tratte da un suo discorso di maggio 2016: “Ho sentito ieri il presidente del Consiglio che parla del fatto che alcuni di noi parlamentari della Repubblica ci stiamo scudando con l’immunità parlamentare da alcune dichiarazioni che abbiamo fatto sul partito democratico. Lo ripete in continuazione e crede di essere furbo. Spiegate al presidente del Consiglio che c’è differenza tra immunità e insindacabilità, ma soprattutto spiegategli che noi le immunità e le insindacabilità non le utilizzeremo mai. Non ci proteggiamo dietro questi strumenti. Sono loro che si proteggono così”.

Tutto vero, ahimè, fino a prova contraria.

Aggiornato il 08 dicembre 2017 alle ore 11:29