Gli statali e la Madia: troppo poco e troppo tardi

Che gli statali da sempre abbiano seguito una logica del lavoro sconsideratamente privilegiata e troppo spesso premiante a “prescindere”, è una ovvietà elementare. Dunque la ministra Marianna Madia proponendo una Commissione ad hoc delegata alla concessione dei bonus e degli aumenti di stipendio agli impiegati pubblici, inventa l’acqua calda. La ministra oltretutto poteva e doveva svegliarsi prima, visto che siede nell’Esecutivo dall’inizio della legislatura.

Sia chiaro, meglio tardi che mai e tutto ciò che si fa per porre un argine alla voragine della macchina statale è comunque benedetto, ma molto di più servirebbe e in tempi rapidi. Del resto se c’è un danno che la mentalità di governo cattocomunista ha inferto allo sviluppo, alla crescita, ai conti dell’Italia, è proprio quello dello statalismo tout court. A partire dagli anni Sessanta infatti, Dc e Pci per esclusive ragioni di consenso elettorale hanno messo in piedi un apparato pubblico da socialismo reale inutile e dannoso. Si tratta e si è trattato di un terribile vizio italiano che nel corso dei decenni non solo non si è fermato, ma ha continuato a crescere e prosperare in barba al settore privato e alle casse del Paese.

Privilegi salariali, contributivi, scatti, avanzamenti di carriera, vantaggi contrattuali e pensionistici, oltreché una sorta di impunità sul lavoro, hanno da sempre caratterizzato l’impiego pubblico. Come se non bastasse nel tempo la logica cattocomunista ha letteralmente inventato uffici statali, aziende, dipartimenti, enti e organismi pur di assumere personale a prescindere dalla necessità e dalla occorrenza.

Insomma, è così che si è formato quel mostro di burocrazia, di apparato statale, di pubblica amministrazione che ci ritroviamo sulle spalle e che il privato paga al pubblico. Oltretutto e qui sta la dimensione dell’assurdo e della beffa, non funziona niente, ovunque ci sia un ufficio pubblico ci sono file, ritardi, doppioni, ostacoli e inefficienze. Del resto, non è un caso se nel mondo l’Italia è tra le ultime per burocrazia, complicazione amministrativa, esosità e difficoltà fiscale, lungaggini nelle pratiche. Per farla breve, il Paese è stato zavorrato da una macchina statale assurda e in larga parte inutile, che anziché rendere tutto più facile e veloce lo esaspera e affossa. Infine, e qui viene il bello, nell’apparato pubblico è tutto un fiorire di furbetti, malati del venerdì, assenteisti facili, basta leggere le cronache e ascoltare la televisione.

Ecco perché la ministra Madia poteva e doveva occuparsi molto prima della voragine del mondo pubblico, per sfoltirla e metterla in riga. Da noi, a partire dalla giustizia, fisco, sanità, scuola, enti locali, è tutto da riscrivere, riformare, rendere efficiente e al servizio vero del cittadino, altroché socialismo reale. Serve uno Stato minimo, vicino ai cittadini e comunque almeno funzionante, serve una riforma gigantesca della macchina pubblica, serve un cambio di rotta politica rispetto al fallimento del centrosinistra e del cattocomunismo.

Aggiornato il 12 dicembre 2017 alle ore 11:19