La sfida di Musumeci secondo Gibiino

venerdì 15 dicembre 2017


Da pochi giorni si è insediata la nuova giunta regionale in Sicilia, ma le polemiche non sono mancate, perché si dice rifletta alcuni difetti della vecchia gestione: troppi suggeritori, assessori con poca esperienza o che lasceranno l’incarico dopo qualche mese. Ma l’esigenza di trovare soluzioni con urgenza e concretezza per una seria e rapida ripresa, perché la Sicilia (ri)diventi bellissima, mette da parte in fretta la paura di un nuovo inganno, si spera di nuovo in un tempo migliore. Ancora memori degli annunci propagandistici di Rosario Crocetta, che promise una rivoluzione che non è arrivata mai, si prova a dare fiducia al nuovo corso, com’è giusto che sia. Così ci siamo rivolti al senatore Vincenzo Gibiino, uomo vicino al presidente Nello Musumeci, chiedendogli conforto e qualche chiarimento.

Cosa ha spinto Musumeci a scegliere la giunta come ha fatto?

È una giunta abbastanza equilibrata, in qualche misura il suo specchio. Ci sono nomi nuovi, ma le dinamiche che hanno portato alla formazione della giunta sono diverse da quelle adottate un tempo. Il presidente vuole una certa discontinuità col passato, specie riguardo agli assessori e alle figure apicali all’interno della presidenza e degli assessorati. Lo ha detto sin dall’inizio, “se mi candido sarà l’ultima volta, per cui non sarò ricattabile poiché non mi andrò a cercare i voti per la volta successiva”. Questo finalizzato a poter cambiare tante cose in Sicilia, non è mai successo nemmeno nei diversi governi precedenti che avrebbero dovuto essere in contrapposizione, ma in realtà non lo sono stati.

Cambiamenti a partire dal segretario generale?

A partire dal segretario generale e a finire all’ultimo in assessorato. Ci vuole molto coraggio e non c’è molto tempo, c’è la programmazione per il futuro da fare, che manca da decenni, c’è la gestione di un ordinario del passato che è diventato straordinario per mancanza di cura, mi riferisco alla formazione, alla sanità, all’energia, ai rifiuti, al turismo e ai trasporti.

Non si sente ancora il peso di Lombardo, Cuffaro, Lumìa? Bisognerà scendere ancora a patti?

Non ne sono convinto, il clima è cambiato. Il 50 per cento della popolazione siciliana è sul baratro dell’esclusione sociale. Delle promesse del passato non sa proprio cosa farsene e non sa cosa farsene di queste persone che in passato le promesse le hanno fatte e non le hanno mantenute. Essendo cambiato il clima, la pressione di ogni tipo di ambiente di ieri, oggi ha molta meno forza e questo consente un’azione di governo più snella e veloce.

Che ne pensa di Vittorio Sgarbi alla Cultura e del fatto che fatto che potrebbe restare soltanto tre mesi?

Senza ipocrisia le dico che queste cose non mi piacciono. Se una persona ha intenzione di andare a fare il ministro non deve avviare un percorso di assessorato in Sicilia, capisco che lui non è siciliano e sostanzialmente può assumere un incarico e poi lasciarlo, ma quando si inizia un operato come questo almeno bisogna avere due anni davanti per lasciare un segno, altrimenti è un occupare una poltrona in attesa di una poltrona successiva, per cui da questo punto di vista non sono d’accordo.

Cosa si aspetta invece da questo Governo in merito alla sanità pubblica e privata?

La sanità pubblica ha due ordini di problemi: uno l’offerta che non è in linea con le aspettative dei siciliani, tant’è che chi se lo può permettere continua a fare i viaggi della speranza al nord. Secondo sono i costi, determinati da un’elevata spesa per le forniture ospedaliere. In molti casi le analisi che ci ha portato il commissario per la spending review sono pari a tre volte delle spese degli ospedali del nord, dove c’è una maggiore programmazione negli acquisti. Poi abbiamo il problema della valorizzazione dei quadri, dei primariati e della distribuzione dei letti, probabilmente lasciata un po’ al caso. Va rivisto il rapporto con la convenzionata esterna, ha un costo bassissimo pur dando servizi senza file d’attesa e molto altro, una capillarità sul territorio che va a valorizzata. Ci sono cittadini che pensano di non avere l’ospedale vicino e quindi si rivolgono a quello a 60 km da loro, avendo strutture convenzionate esterne a due passi, mi riferisco non solo alle Case di Cura ma anche ai laboratori di analisi, al cardiologo convenzionato che magari sono nello stesso paese con una giusta attività di tradizione. Potrebbero fornire cure a basso prezzo, presenza, servizio e programmare successivi interventi con la disponibilità degli ospedali sapendo 60, 90, 120 gg prima piuttosto che ridursi agli interventi su acuti.

Ritiene che il nuovo assessore alla Salute Ruggero Razza e Nello Musumeci sapranno attenzionare tutto questo?

Musumeci durante la campagna elettorale ha annunciato che la sanità l’avrebbe tenuta per sé, perché vuole dare un taglio importante. L’assessore è persona vicina a lui, è equidistante da tutti i mondi: pubblico, privato, università, ricerca, pur essendo avvocato e avendo fatto esperienza amministrativa in provincia. Un valore aggiunto perché si pone con la giusta attenzione alle varie esigenze del territorio, per riuscire a fare scelte senza condizionamenti da blocchi di potere a monte. Che in passato possono aver condizionato qualche altro Assessore alla sanità.

In 5 anni si potrà mettere ordine nelle vicende siciliane o il tempo non sarà sufficiente?

Quello che dovrà fare secondo me Musumeci nei primi sei mesi è di arginare il declino della Sicilia dal punto di vista economico e soprattutto sociale. Il livello di rassegnazione della popolazione siciliana ormai aveva superato il limite della sopravvivenza. Successivo passaggio sarà quello dell’inversione della tendenza iniziando a fare le opere per cui ci vogliono i progetti, con i quali si partecipa ai bandi o si accede ai fondi. Bisogna ridurre una parte della spesa pubblica per utilizzare questa quota libera per i cofinanziamenti per attrarre i fondi europei. Ci vogliono circa sei mesi per i progetti pronti e due anni per quelli nuovi, gli appalti impongono tempo. L’unico settore a mio giudizio che può funzionare subito è quello legato al turismo, alla valorizzazione dei beni messi a regime di tutti i siti archeologici, che in alcuni casi non vendono neanche un ticket durante tutto l’anno. Essendo a ingresso gratuito sono solo dei costi. Poi la messa a regime dei trasporti, pur lasciando tutto com’è all’inizio, perché non c’è il tempo di poter fare tutto.

Ma cominciare a sistemare seriamente strade, ponti, viadotti e ferrovie?

Si può fare, abbiamo un presidente che ha voglia di fare e un presidente dell’Anas che ha le risorse economiche per avviare le manutenzioni. Ma questo non risolve il problema della viabilità in Sicilia, perché connettere correttamente porti, aeroporti, con tram e metropolitana, la gomma e il ferro in Sicilia, è fondamentale. Se oggi volessi andare col treno da Catania a Palermo passando da Messina non ho la connessione del treno; arrivo a Messina e devo aspettare 3 ore per il treno Messina-Palermo. Quindi è una Sicilia mai stata pensata nell’intermodalità, una Sicilia isolata all’interno. Verso l’esterno è connessa bene con porti e aeroporti. E non si può pensare al ponte sullo Stretto in questo momento in cui è tutto fermo, non vedo condizioni percorribili.

Lei a cosa sta lavorando in questo momento?

Quello che stiamo cercando di fare per la mia vicinanza col presidente della Regione è di attivare una serie di attenzioni da parte di fondi di investimento di imprenditori e di federazioni sul rilancio del turismo, sull’agricoltura di eccellenza, sul recupero dei circuiti automobilistici dove poter fare non tanto le gare, ma i test di vetture, di gomme, come si fa in tutte le parti d’Italia dove ci sono circuiti, che in Sicilia avrebbero una valenza superiore anche per le condizioni climatiche che favoriscono la fruibilità di queste strutture e la presenza di tante persone.

Lo dice perché ha una grande passione per le automobili, essendo un noto ferrarista.

Conosco la materia, ma lo dico perché seguo da tre anni la riforma del Codice della strada e so dai rapporti che ho con l’Aci che tutte le strutture collegate, dalle case automobilistiche, quelle di autobus e di costruzione di veicoli complessi, di caschi, di tute e di gomme, hanno bisogno di testare i loro prodotti e si sappia che al nord un circuito viene locato per 50mila Euro al giorno. Il circuito di Pergusa ci procura 300mila Euro di perdite all’anno, ciò da la misura di cosa una struttura del genere messa a regime possa dare, solo con la pista, non dico l’utilizzo del lago in termini di fruizione turistico ambientale. Potrebbe determinare dal punto di vista economico nel territorio più depresso d’Italia, una svolta. Sono piccole ma grandi cose, come lo sviluppo dei borghi rurali che organizzati porterebbero un turismo di nicchia. Sono tante le cose che possiamo fare attraverso le conoscenze sviluppate negli anni e che guardano alla Sicilia con grandissima attenzione ma che solo chiedevano una continuità e serietà di governo che evidentemente non trovavano con la gestione precedente di Crocetta, che invece trovano in Nello Musumeci, non fosse altro perché contattano me per fare investimenti privati importanti sapendo che il nuovo presidente è una persona seria.

Il matrimonio dell’anno nel 2018 di Fedez e Chiara Ferragni annunciato nei giorni scorsi e che si terrà ad un passo da Siracusa per la prossima primavera, nel bel mezzo del barocco di Noto, patrimonio dell’Unesco, così come le tre candidature ai Golden Globe del regista palermitano Luca Guadagnino, ci fanno pensare che davvero c’è quello sguardo attento del mondo del business e del glamour e che le eccellenze siciliane meritano visibilità e attenzione. Si percepisce dai nuovi insediati al governo quella voglia di fare che vuol mettere fine al far west e alle contraddizioni che hanno dominato finora la bella terra di Sicilia.

@vanessaseffer


di Vanessa Seffer