L’unità della coalizione  è (quasi) un dovere morale

È iniziata la campagna elettorale e, come era ampiamente prevedibile, essa si sta sviluppando secondo il classico canovaccio proporzionalista che prevede atteggiamenti competitivi più verso gli alleati che verso gli avversari. Atteso che nessuno si scandalizza per questo, vale solo la pena di auspicare che la politica – e più precisamente il centrodestra che vien dato al 36 percento dai maggiori sondaggisti – si autodisciplini perché un simile atteggiamento potrebbe favorire disorientamento, disinteresse e quindi astensione. Il tutto in un momento in cui l’Italia ha un bisogno estremo di stabilità e nonostante l’attuale legge elettorale non favorisca la governabilità.

Il pollaio non tira e la spettacolarizzazione della politica sul modello americano, dopo un ventennio di stordimento collettivo, ha stancato (e lo si vede dagli ascolti dei talk-show politici): se fino a qualche anno orsono bastava infilare due o tre battute da Michele Santoro per far muovere i sondaggi, oggi panem et circensens non funziona più perché gli elettori si sentono un po’ meno spettatori e avvertono un po’ più preoccupazione per il futuro. Ragion per cui, l’unico modo per evitare il Gentiloni bis (per atti concludenti) è l’unità senza siparietti controproducenti ed eccessivi: non serve, come fa Matteo Salvini, sparare costantemente contro gli alleati – oggi sulla legge Molteni e domani sulle dichiarazioni di Berlusconi – ma è necessario un surplus di pragmatismo e unità. Senza un programma concreto, senza una coalizione coesa e senza una prospettiva per il Paese, quel trentasei percento atteso rischia di sciogliersi come neve al sole e peraltro per futili motivi. In primis perché gli elettori del centrodestra non sono degli stakanovisti della cabina elettorale e – se non sufficientemente motivati – restano a casa a vantaggio dei grillini e della sinistra, aree politiche notoriamente molto più irreggimentate.

Non si sottovaluti inoltre che il centrodestra ha davanti a sé l’atroce responsabilità di essere a un passo dal dare una maggioranza politica a questo Paese che da troppo tempo vive di “Governi del Presidente” e di maggioranze raccogliticce. L’unità della coalizione, dati i numeri, è quindi quasi un dovere morale. Questo non significa creare una rassemblement disomogeneo oggi per governare male domani, ma significa solo avere senso di responsabilità ed evitare di perdere una simile occasione per qualche parlamentare in più.

Sembrerebbe sinceramente uno spreco.

Aggiornato il 15 dicembre 2017 alle ore 21:33