L’errore costitutivo di Renzi

sabato 23 dicembre 2017


Il segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, ha più volte sostenuto che il suo partito sta perdendo consensi perché penalizzato dalla sua lunga permanenza al Governo. Ciò in parte è abbastanza corretto, soprattutto in un Paese nel quale da tempo vige una sorta di alternanza obbligatoria tra una legislatura e l’altra. Tuttavia c’è molto d’altro che spiega il continuo calo di popolarità che interessa da parecchio tempo il Pd renziano. Un riflusso iniziato subito dopo aver raggiunto, nelle elezioni europee del 2014, il massimo storico di una forza politica nata per fusione fredda tra gli eredi del vecchio Partito Comunista Italiano e la componente di sinistra della altrettanto vecchia Democrazia Cristiana.

Dopodiché è per l’appunto iniziato un declino che, di sconfitta in sconfitta, rischia di condurre un partito lanciato con l’idea della vocazione maggioritaria ai minimi storici. La ragione principale di questo repentino passaggio dalle stelle alle stalle è, a mio avviso, da ricercare nella particolare strategia politica e comunicativa che ha fin qui accompagnato la fulminea parabola dell’uomo di Rignano sull’Arno. Strategia fondata sul tormentone della cosiddetta rottamazione, la quale ha contribuito a creare la voluta suggestione di un giovanotto che, inseguendo abbastanza platealmente il populismo montante, dava l’impressione di cambiare le cose dal di dentro. Una sorta di grillino civile che si faceva carico, all’interno del palazzo, di rappresentare e indirizzare verso un approdo più rassicurante il rancore sociale che sostiene l’avanzata politica del Movimento Cinque Stelle. Ma se una simile impostazione può funzionare come premessa per scalare velocemente i gradini del potere, così come è effettivamente accaduto per Renzi, essa, con tutto il suo inevitabile carico di illusorie semplificazioni che fatalmente comprende, è destinata inevitabilmente a scontrarsi con la dura realtà. Ciò, nella testa di chi è incline a credere nei miracoli politici, ha rapidamente trasformato Renzi da mago infallibile a ciarlatano. Una sorte che è destinata a chiunque, nell’ambito di un Paese affetto da profonde e complesse problematiche di sistema, si presenti sul proscenio democratico proponendo facili ricette a costo zero.

In tal senso, inseguire a chiacchiere i grillini sulla strada dei miracoli è abbastanza semplice, come ad esempio dimostra il clamoroso autogol della Commissione parlamentare sulle banche voluta dallo stesso Renzi. Tuttavia, quando poi si scopre che non esistono scorciatoie e bacchette magiche da usare all’occorrenza, vista la drammatica complessità delle questioni che si vogliono affrontare a colpi di demagogia, qualunque asino politico è destinato inesorabilmente a cadere.


di Claudio Romiti