Casini incassa il collegio facendo falò dei risparmiatori

Lo si mormorava un po’ ovunque, che Pier Ferdinando Casini fosse stato messo a capo della Commissione d’inchiesta sulle banche su ordine di Matteo Renzi. Anche se in tanti sostenevano che Pieferdy non si sarebbe mai e poi mai comportato come nei racconti del pentastellato Alessandro Di Battista: così in tanti sostenevano che “Casini è uomo istituzionale, aiuterà Maria Elena Boschi ma salverà la forma”.

E invece nemmeno l’apparenza: Di Battista aveva detto: “Casini in commissione banche ha fatto il lavoro sporco per salvare la Boschi”. Tutti gli “istituzionali” s’erano scagliati contro il 5 Stelle difendendo Casini. Nei fatti, Pierferdy ha fatto il possibile per salvare i banchieri, colpire i beffati e, soprattutto, farlo in maniera così plateale da guadagnarsi le simpatie di Renzi e il mega collegio parlamentare di Bologna città.

Il giorno della relazione finale della “Commissione parlamentare d’inchiesta sugli istituti di credito” ha fatto emergere che Pier Ferdinando Casini (presidente della Commissione) era stato messo lì per non far emergere nulla. Soprattutto per lanciare una proposta che lo stesso Parlamento poteva fare, e senza armare una sontuosa commissione: ovvero “affidare più poteri di indagine a Bankitalia” e l’istituzione di una “Procura nazionale finanziaria”.

La relazione finale avrebbe dovuto emanare un anelito di giustizia, la speranza d’un vero risarcimento per i risparmiatori traditi, il monito che in futuro certe truffe non si sarebbero più potute consumare in danno dei cittadini. Invece s’è dimostrata un gioco, uno scaricabarile ordito da Matteo Renzi e gestito da Casini: e perché il leader del Pd ha solo voluto che emergessero le responsabilità di Bankitalia. Una mossa per evitare l’attacco a Banca Etruria e alle famiglie Boschi e Renzi. Ma la relazione finale della Commissione d’inchiesta sulle banche (presentata dal vicepresidente Mauro Maria Marino) è passata con 19 voti favorevoli (Pd e centristi): i contrari sono stati 15, sei gli assenti.

“Quella approvata dalla Commissione d’inchiesta sulle banche è una relazione seria, decisa e allo stesso tempo equilibrata, non elettorale che risponde agli obiettivi istituzionali che la commissione aveva nel suo oggetto istitutivo”, ha detto il presidente della bicamerale d’inchiesta Pier Ferdinando Casini, aggiungendo che “considerando la ristrettezza dei tempi a me sembra un mezzo miracolo”.

Uomo coraggioso, Casini: infatti dopo simili parole e, soprattutto, dopo la sua candidatura renziana nel Partito Democratico, altri avrebbero paura anche solo a prendersi un caffè nei bar di Bologna. Il rischio d’improperi e pernacchie (se non peggio) è fortissimo.

“La Commissione è giunta a ritenere che in tutti i 7 casi di crisi bancarie oggetto di indagine le attività di vigilanza sia sul sistema bancario (Banca d’Italia) che sui mercati finanziari (Consob) si siano rivelate inefficaci ai fini della tutela del risparmio - si legge nella relazione - La disamina e l’approfondimento di alcuni eventi che hanno contraddistinto l’azione della vigilanza - nella specie di Banca d’Italia e Consob - ha fatto emergere, nell’ambito dell’inchiesta - si legge ancora - oggettive debolezze nella collaborazione e nello scambio reciproco di informazioni rilevanti tra i due organismi”.

E non ci voleva certo una commissione, anche il salumiere sotto casa sarebbe giunto a simili deduzioni. In tanti si chiedono chi sia intervenuto per stoppare Bankitalia e Consob, soprattutto la gente vorrebbe sapere chi ha garantito la patente d’intoccabilità ai vertici delle banche indagate.

“In effetti - si legge nella relazione - sulla base di quanto emerso dai lavori della commissione, gli interventi attuati dalla Consob non hanno portato all’individuazione tempestiva di quelle criticità che solo l’Autorità giudiziaria ha poi accertato, quando ormai i fatti contestati si erano da tempo consumati”.

Un modo per dirci che, se la magistratura non avesse tanato i colpevoli, nessuno avrebbe contestato le malversazioni e, soprattutto, i risparmiatori sarebbero rimasti inascoltati e gabbati. Ecco perché non c’è stato accordo unitario sulla relazione finale della Commissione d’inchiesta sulle banche. Non pochi parlamentari hanno ammesso quanto fosse balordo quel documento finale, che di fatto dice che “non ci sono responsabilità”: relazione gradita a Casini, Pd e centristi vari.

Nessun ristoro per i risparmiatori, con questo atto s’è chiusa la più nefanda delle legislature.

Aggiornato il 31 gennaio 2018 alle ore 08:17