Grossolani e grillini

giovedì 1 febbraio 2018


La consecutio claudicante di Luigi Di Maio non è il suo unico difetto: sulla storia degli Agenti provocatori – infiltrati nella Pubblica amministrazione per combattere la corruzione e a suo parere più volte richiamati da Raffaele Cantone – dimostra di leggere e non capire.

Per il presidente Anac Cantone gli infiltrati hanno ragion d’essere “se utilizzati per comprendere le dinamiche di organizzazioni criminali finalizzate alla corruzione, altrimenti molto difficili da scoprire. Ben diversa è l’idea di ricorrere ad agenti provocatori che vanno a offrire mazzette, pratica già condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo”.

E ancora, “microspie e agenti provocatori appartengono alla logica del passato. Non si può condurre così la lotta alla corruzione contro le imprese e contro la Pubblica amministrazione. Noi oggi dobbiamo puntare sulla prevenzione per evitare che i fenomeni corruttivi avvengano. Perciò servono meno norme e norme scritte meglio”.

Quindi questa proposta contenuta nel programma pentastellato ed erroneamente attribuita al “Cantone pensiero” non è solo eticamente dubbia e organizzativamente inefficace, ma è anche censurata dalla Corte europea dei Diritti dell’uomo. Piuttosto, secondo Cantone, le leggi andrebbero scritte meglio per evitare che fenomeni corruttivi si inseriscano nelle trame di una norma scritta con i piedi favorendo le possibilità di frode. Ma qui casca l’asino (senza alcun riferimento a giggino ’o webmaster): i grillini, disperando di avere i mezzi e l’esperienza per scrivere buone norme, si affidano alla spiata, al provocatore che mette in scena una sorta di Mata Hari che effettui giustizia sommaria laddove il complesso dei controlli non arriva a mettere in sicurezza il sistema.

In fin dei conti quegli splendidi ragazzi del Movimento sono usi a simili pratiche visto che a vigilare sulle autocandidature alle parlamentarie c’erano – tra gli altri – i cosiddetti segnalatori ossia dei veri e propri delatori che facevano la spiata sul candidato mostrando un post di dissenso dalla linea precostituita piuttosto che eventuali fatti rilevanti in grado di convincere la santa inquisizione interna a cassare la candidatura dell’aspirante partecipante alla setta che non ammette alcun distinguo. Quindi, quella di affidarsi ai sevizi d’ordine e soffocare il dissenso o la libertà di agire, cos’è se non una resa a priori ovvero una sfiducia nelle proprie capacità di organizzare un impianto normativo ed un sistema organizzativo all’altezza?

Unendo questi puntini ne esce fuori un quadro confortante: i grillini non scommettono sulla loro competenza ma sulla occhiuta repressione preventiva sia interna al Movimento sia applicata ai fatti di Governo. Un gran passo in avanti, una grande prova di consapevolezza dei propri limiti. Come dire: nel dubbio mena.


di Vito Massimano