I programmi dei partiti e le loro dimenticanze

Nelle enunciazioni programmatiche dei partiti per le elezioni del 4 marzo viene trascurato il problema delle riforme. Questo non riguarda soltanto alcuni aspetti della carta costituzionale, ma soprattutto lo Stato quale pubblica amministrazione.

Vi sono stati, nella cessata legislatura, significativi interventi nella gestione del ministro Madia, ma essi hanno riguardato principalmente l’ordinamento del personale. È ben poca cosa, considerata la complessità degli apparati amministrativi. A parte la severità, pur necessaria, nei confronti di comportamenti illeciti degli addetti, nessuno può con ragione affermare che le riforme Madia hanno determinato un miglioramento nell’operare degli uffici. Senza dire poi che, in taluni settori di notevole importanza, quale quello della scuola, gli interventi non solo sono stati sbagliati, ma presentano forse alcuni aspetti di incostituzionalità. Mettere, ad esempio, gli insegnanti alle dipendenze dei dirigenti scolastici significa pregiudicare la libertà d’insegnamento prevista dall’art. 33 della carta costituzionale. Altro aspetto negativo riguarda la valutazione dei docenti, piena di farragini prive di valore.

Una vera riforma della scuola dovrebbe avere come centri di riferimento essenziale i suoi veri protagonisti: gli insegnanti e gli studenti. Quanto alla riforma della pubblica amministrazione in generale, si è continuato a credere in maniera fallace che l’inefficienza degli uffici dipendesse solo dal personale. Già autorevoli studiosi hanno dimostrato l’infondatezza di simili impostazioni, giungendo alla conclusione che una non formale riforma dovrebbe avere come cardini la semplificazione normativa, la deprocedimentalizzazione e il passaggio a un’amministrazione per atti, una più razionale ripartizione delle competenze, un’organizzazione del lavoro per obiettivi da individuare con rigore e serietà, una revisione dei controlli, privilegiando quelli di natura sostanziale e ponendo in secondo ordine i controlli formali. Momenti, questi, strettamente interdipendenti. Le forze politiche hanno per lunghissimo tempo trascurato questo settore, non rendendosi conto della sua importanza nella vita del Paese. Economisti di grande valore pongono, infatti, lo Stato tra i fattori di produzione, considerata l’importanza che hanno per i processi produttivi i servizi pubblici (igiene, viabilità, istruzione, tutela dell’integrità personale dei soggetti della produzione), oltre l’azione per lo sviluppo svolta dallo Stato stesso in sede di politica economica e finanziaria.

La permanente crisi di risorse non nasce dallo Stato sociale, ma in misura non piccola dalle inefficienze dei pubblici apparati: per esempio, un’amministrazione finanziaria più efficace avrebbe di molto ridotte le zone di evasione ed elusione fiscale e determinato acquisizione di significative risorse a vantaggio dei cittadini. Nelle attuali proposte programmatiche delle forze politiche vi è, infine, una grande assente: la carta costituzionale. Le promesse di benefici certamente devono in primo luogo riguardare le classi più bisognose, ma in una visione complessiva degli interessi e dei diritti in gioco.

Sostanzialmente sono ancora dimenticati i giovani. La questione giovanile viene affrontata da molti in maniera scorretta, con la creazione di un conflitto generazionale con gli anziani, di cui si pongono continuamente in discussione i trattamenti pensionistici, ignorando che, in tal modo, si viola un patto morale e giuridico con gli anziani medesimi. Si presentano i pensionati come dei privilegiati, come se la pensione non fosse il frutto di una vita lavorativa, spesso piena di sacrifici. L’attacco è ancor più veemente verso quei trattamenti regolamentati dal sistema retributivo, ignorando che questo trova una delle sue ragioni nelle basse retribuzioni dei lavoratori: un professore di liceo, negli anni ’60, percepiva uno stipendio sulle 70mila lire mensili, così come un impiegato direttivo dello Stato. Tornando ai giovani, una vera attenzione verso i loro problemi si realizza con una gestione delle risorse che determini lo sviluppo dell’economia: solo così può essere assicurato un accesso dignitoso e sicuro al mondo del lavoro.

Sono, queste, riflessioni semplici, ma reali ed appropriate, cui la politica dovrebbe porre estrema attenzione.

Aggiornato il 02 febbraio 2018 alle ore 08:06