L’eletto e il suo doppio

venerdì 2 febbraio 2018


C'erano una volta l'eletto e l'elettore. Oggi, a quanto pare, è rimasto solo il primo, dopo una legge elettorale che più confusa non si può, origine futura e certa di drammi e melodrammi sulla formazione del primo governo della XVIII Legislatura. Il costituzionalista Michele Ainis nel suo dissacrante editoriale "Vince chi perde" (La Repubblica del 31 gennaio) ne precisa alcuni aspetti paradossali. Il primo, sic stantibus rebus, è il prevedibile ripetersi del vorticoso cambio di casacche che nello scorso quinquennio ha visto qualcosa come più di 500 transumanze tra i parlamentari eletti. Lontano dal ritenerla una patologia, Ainis sembra addirittura apprezzarne il coagulante politico intrinseco, opportunistico e amante del potere fine a se stesso, in quanto unico rimedio per la formazione "comunque" di un Esecutivo che governi. Infatti, dal 2011 non c'è stata alcuna violazione formale del dettato costituzionale (e ci mancherebbe!). La sostanza, però, come nota anche l'interessato, cambia anche di molto esasperando la già notevole distanza tra il Palazzo e il Paese reale.

Da un lato, infatti, le circostanze (emergenziali e non...) fanno sì che i poteri conferiti al Presidente della Repubblica ne accentuino il ruolo, nel caso di stallo parlamentare, come regista e facilitatore di maggioranze ibride create nel laboratorio quirinalizio attraverso le transumanze mirate di parlamentari e loro gruppi, con il paradosso che chi, come Angelino Alfano, era Ministro dell'Interno con un governo di centro destra rimane tale anche con la creazione del suo duale e opposto di centrosinistra. Nessuno, però, che si chieda come in questo caso si siano sentiti gli elettori. Del loro disagio e della crescente disaffezione profonda non è interessato nulla né a Napolitano, né a coloro che hanno smembrato pezzi di maggioranze precedenti per sostenere proprio quegli avversari politici contro i quali avevano fatto campagna elettorale e, per questo motivo, si erano visti eletti. Al contrario di tutte le buone intenzioni, la nuova legge elettorale è fatta su misura proprio per rafforzare l'oligarchia assoluta e incontrastata degli eletti, che per cinque anni non dovranno rendere conto in nulla ai loro elettori, grazie all'assenza del vincolo di mandato. Del resto, le falle (?) della piattaforma Rousseau hanno dimostrato in tutta la loro drammaticità come gli stessi sacerdoti della democrazia diretta siano i primi a volerne fare a meno.

Inutile chiedersi se tutto ciò sia giusto o ingiusto. Del resto, quando il sistema politico era dominato dai pacchetti di tessere e dalle correnti, molti governi a guida Dc avevano un respiro... balneare. Ma lì si trattava della perfetta realizzazione del teorema di Tommasi di Lampedusa. Oggi, quella configurazione oscillante è totalmente interdetta dai vincoli europei e dalla moneta unica. Direi però che non sia la Costituzione da cambiare, bensì i sentimenti di coerenza e d'onore dei singoli individui. Transumanze alla Alfano sono possibili per la venuta meno di un codice deontologico, rispettato da tutti all'epoca dei Partiti-chiesa, Dc e Pci. Le regole da sole valgono zero, se coloro che debbono sostanziarle sono i primi a tradirle. Sarà bene ricordarselo, in futuro...


di Maurizio Bonanni