Caso dell’Utri: il regresso del cristianesimo

martedì 13 febbraio 2018


Poco so di Marcello Dell’Utri se non di un suo difetto straordinario e per un certo verso simpatico: una distrazione incredibile. Una volta rispose ad una mia lettera un anno dopo.

Un difetto che, oltretutto, mi pare poco si attagli ad un mafioso ancorché “esterno”. Un mafioso che, come mi disse un suo compagno di liceo di Palermo, sarebbe diventato tale a Milano, dove, dopo la “maturità”, si trasferì. (E quel suo vecchio compagno commentava: “e adesso anche per la mafia dovremmo dipendere da Milano!”).

Pochissimo so del processo con il quale è stato schiaffato in galera. Cioè ne so molto: quanto basta per essere certo che le sue possibilità di uscirne assolto non erano maggiori di quelle che ho io di essere nominato Cardinale di Santa Romana Chiesa.

Credo che l’ultimo episodio, quello del Tribunale di Sorveglianza di Roma che ha disposto perché sia lasciato crepare di tumore a Rebibbia senza le cure che si dovrebbero prestare all’ultimo extracomunitario (già, perché poi l’“ultimo”?) giunto malato nel nostro Paese meriti assai di più l’attenzione e lo studio di chi voglia capire ciò che avviene attorno a noi. È una cosa in cui emergono con il loro aspetto peggiore e più vero aspetti terribili dello spirito dei nostri giorni.

Ho già scritto e, probabilmente, avrò già guadagnato lo scandalizzato disappunto di qualcuno dei non molti che mi hanno letto, che il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha dato prova di una sorta di timore reverenziale per il fantasma del “male assoluto” che la stessa magistratura ha creato e coltivato fino a rendersene schiava. E ho parlato di Santa Inquisizione.

Non è cosa da poco, è un fatto epocale questa regressione del Cristianesimo, di quel tanto di esso che è divenuto patrimonio anche dei non Cristiani (“Perché non possiamo non dirci Cristiani” di Benedetto Croce) la regressione all’intolleranza feroce e cavillosa, sulla quale il “Secolo dei Lumi”, l’universalismo umanitario illuminista avevano lasciato la loro impronta, se si erano spenti i roghi e respinti con orrore e persino con riconoscimenti delle falsità della infallibilità dei suoi predecessori, da parte di un Pontefice Romano.

Il Cristianesimo dell’epoca pre-illuminista aveva in sé oltre al culto di Dio qualcosa che assomigliava al culto del male assoluto. Contrastare le fiamme dell’Inferno con le fiamme dei roghi, strappare con le tenaglie infuocate qualcosa dell’anima infetta degli eretici era, in buona sostanza, il frutto di una visione di diarchia dell’Universo e delle stesse divinità.

Carità, Umanità, Pietà per il Cristianesimo pre-illuminista erano concepibili solo nei confronti dei credenti, degli ubbidienti alla Chiesa, non dei miscredenti, degli eretici, degli acattolici verso i quali i pur naturali impulsi di umanità, di misericordia e di giustizia erano respinti per la paura di divenirne complici, di non esserne adeguatamente e con la “necessaria” ferocia persecutori. C’è una tendenza alla regressione. C’è un fosco e torbido bisogno di negazione dell’umanità al “nemico” o a chi l’umanità “deve” essere negata. Siamo alla Santa, cioè Diabolica, Inquisizione. Un’inquisizione “laica”. Una diabolicità di incerti caratteri. Ma per noi crudele e diabolica è solo la volontà di creare i demoni. Di cui certi personaggi hanno bisogno.


di Mauro Mellini