Elezioni: c’è uno “squadrismo giudiziario”

C’è uno “squadrismo giudiziario”, una serie di operazioni di plateale giustizialismo con finalità soprattutto mediatiche (ma con danni d’ogni genere) che si susseguono e si confondono con la normale (e, come tale, non certo esemplare) attività giudiziaria.

Si confondono anche perché diversamente da quanto avveniva in altri episodi, colpiscono in direzioni diverse e, almeno apparentemente opposte. Ma ciò è determinato dal fatto che c’è ora uno schieramento politico più frastagliato e, poi, la tendenza ad abbandonarsi a una attività che meglio non potrebbe definirsi come, appunto, “squadrismo giudiziario” e più ampia e diffusa. C’è indisciplina anche nel Partito dei Magistrati e il potere e la mancanza di una correlativa responsabilità finisce per determinare uno stile, una “normalità dell’anormale” che ha preoccupanti connotazioni di un vero “anarchismo giudiziario”.

La tendenza della magistratura ordinaria ad operare in modo da sostituirsi agli altri poteri dello Stato, a “sconfinare” in giudizi che sono e debbono essere riservati al potere esecutivo o, al più, alla magistratura amministrativa, crea questa situazione che ha, poi, nella pubblica opinione, l’effetto, da una parte, di ingigantire la convinzione, che già si fonda su dati assai rilevanti di indubbia gravità, di fenomeni corruttivi e di illegalità e dall’altra sta creando assuefazione e convinzione di ineluttabilità dell’arbitrarietà e della strumentalità politica della magistratura.

Quello però che è più grave è che, come già le forze politiche fatte specifico e particolare oggetto della persecuzione giudiziaria, prima con “Mani Pulite”, poi con la caccia a Silvio Berlusconi e ai suoi, continuano a non reagire, a non denunziare al Paese la gravità e il carattere di gravissimo problema politico dell’atteggiamento della magistratura. La politica dei perseguitati è quella di cercare che si parli del torto da loro subìto meno possibile, di farlo passare per un “incidente”, attribuendo la responsabilità a qualche disgraziato “equivoco”.

Si arriva a lamentare la facilità degli “avvisi di garanzia”, dei provvedimenti cautelari, si riduce a qualche ipocrita e cretina espressione di “ho fiducia nella giustizia”, espressione che varrebbe da sola a far cadere ogni fiducia in chi questo afferma. Ma lì ci si ferma. Si comincia a criticare qualche “eccesso” dell’Antimafia, ma non si denunzia la mafiosità intrinseca dell’Antimafia. Molti oramai credono che io non sia fuori di testa perché da anni parlo di “Partito di Magistrati”. Ma assai pochi ammettono che tale partito esiste e che negarlo significa non voler capire nulla della politica italiana.

Il centrodestra, bersaglio per anni di una sfrenata campagna di aggressione politico-giudiziaria, in nome della “moderazione” e di un presunto rispetto delle opinioni dei “moderati”, protesta meno di tutti, lasciando credere, con ciò, che nei suoi confronti la prevaricazione giudiziaria sia meno ingiustificata. Ho già avuto modo di esprimere la mia opinione che queste elezioni colgono a metà traiettoria una serie di movimenti che hanno cominciato a manifestarsi nel Paese. È certo così. Ma è pur vero che sono mezzi uomini quelli che non osano fare di certe convinzioni oggetto di battaglie politiche. Il pensiero “a metà”, l’“agire a metà”, non è espressione di cautela e di prudenza.

Avremo, questo è quello che molti ammettono, risultati elettorali “a metà”. Si dovrebbe dire che, però, è questo il risultato che in fondo, rappresenta con dolente esattezza la realtà di un Paese, in cui non si ha il coraggio e la capacità di fare le cose per intero.

Aggiornato il 21 febbraio 2018 alle ore 08:17