I figli e figliastri degli ossimorici “Liberi e Uguali”

Questa campagna elettorale è semplicemente triste e vuota. Chi conosce anche appena la politica, chi anche solo un minimo la ama, non può non osservare con malinconia questi giorni che di politico hanno ben poco. Era prevedibile, perché è semplicemente l’emblema di quel che la politica attuale è. Un grande contenitore farcito di pochi contenuti e tanti escamotage per deviare dai problemi reali, distogliere dalle situazioni concrete, dalle questioni urgenti che con urgenza massima dovrebbero essere affrontate, tamponate, come si tampona una ferita profonda.

E invece no. Dalle tematiche, quali, ad esempio, l’“antifascismo”, parrebbe più una campagna elettorale degli anni settanta, inizi ottanta, nel bel mezzo degli anni di piombo e delle Brigate Rosse. Solo che alla stazione di Bologna l’orologio non è più fermo alle 10,25 e l’unico Moro che ora finisce sui giornali non è in via Caetani a Roma, bensì al teatro Ariston quale vincitore del Festival di Sanremo. Si chiama Fabrizio e non Aldo.

Il ritornello del “pericolo fascista” riecheggia, puntualmente, da due mesi a questa parte. La linea di “Liberi e Uguali” è profondamente sconsiderata nonché miserabile. Sconsiderata perché alimenta tensioni in una situazione già instabile e miserabile perché non farà guadagnare loro neppure un briciolo di voti in più. I sondaggi lo testimoniano, vedendoli in atrabile discesa anziché in sfolgorante ascesa. Provare a giocare la minestra riscaldata della solfa antifascista nella speranza di raggiungere l’irraggiungibile 10 per cento, è da vetusti idioti patentati ed impolverati. D’altronde, come da costume tutto italiota, da sempre, è condannato solamente uno dei due mali drammatici del novecento. Mentre Il comunismo, come al solito, resta impunito. E così è permesso picchiare un carabiniere, è lecito impedire a Simone Cristicchi di portare in scena il suo spettacolo sulle Foibe, è consentire impedire a Giampaolo Pansa di presentare il suo libro. Non mi risultano mobilitazioni al fine di tutelare il diritto di un artista di portare in scena uno spettacolo sul massacro ordito dal maresciallo Tito, o quotidiani come “la Repubblica”, sedicenti difensori dell’etica, solidarizzare, muoversi per garantire a Pansa di presentare il suo libro.

 Non mi risulta che il ministro della Difesa abbia detto nulla su ciò che è successo l’8 marzo del 2017, quando un gruppo di sciatte si è recato dinanzi al sacello del Milite Ignoto, allargando le gambe, esponendo la vagina. Non mi risultano provvedimenti nei confronti di un rapper che ha profanato il Sacrario di Redipuglia. Non mi risultano indignazioni nazionali nei confronti della presidentessa della Camera che si è permessa di non salutare, il 2 giugno, i soldati della Folgore. Da liberale quale sono, lungi da me ogni tipo di censura ma, se nei confronti del fascismo vi sono apologie, queste andrebbero applicate anche nei confronti dell’altra metastasi che è il comunismo.

Ma questa è, e resterà sempre utopia e quindi si continuerà a ritenere eroe chi antifascista e reietto chi anticomunista, sorgeranno altre vie intitolate a quel criminale, assassino di Togliatti, quando non si capisce che, invece, sono due facce della stessa - insanguinata - medaglia.​​ Finché si continuerà a bombardare l’elettorato su temi anacronistici, gli astensionisti aumenteranno, vergognosamente, a dismisura. Purtroppo.

Aggiornato il 22 febbraio 2018 alle ore 08:11