La strana corte delle larghe intese

giovedì 22 febbraio 2018


Che nel centrosinistra vi siano autorevoli aree favorevoli alle larghe intese non stupisce, anzi. Del resto nel Partito Democratico, nei suoi cespugli e cespuglietti, sanno bene che l’unico modo per mantenere un po’ di potere è quello di spingere alla grossa coalizione. Tanto è vero che con la solita buona dose di ipocrisia intellettuale quando escludono possibili alleanze citano genericamente il centrodestra e mai Forza Italia. Insomma un gran pezzo della sinistra di governo, ma pure no, lavora dietro le quinte per arrivare a una maggioranza sciagurata che null’altro sarebbe se non di potere.

Al netto di tutto ciò quello che veramente fa rabbia è che anche dalle parti di Forza Italia e forse qualche pezzetto di Lega, ci sia chi pensi allo stesso modo. Fa rabbia perché se per Matteo Renzi e soci la larga intesa sarebbe l’unico modo per conservare potere, per Forza Italia ovviamente no. FI, infatti, insieme agli alleati della Lega, Fratelli d’Italia e quarta gamba, è a un passo dalla vittoria e dalla maggioranza senza se e senza ma.

Come se non bastasse il centrodestra è l’unica coalizione in grado di raggiungere e scavalcare le soglie necessarie alla formazione di un governo stabile e duraturo, tutti gli altri non ci vanno nemmeno vicini. Ecco perché non si capisce, anzi irrita, il fatto che per tutt’altre ragioni si spinga per le larghe intese anziché pensare al bene del Paese, che oltretutto mai capirebbe un’eventualità simile. Inoltre, per non voler essere ipocriti politicamente, basterebbe analizzare la definizione “larghe intese”.

Tralasciando “larghe”, infatti, quello che lascia di stucco è “l’intesa”, nessuno d’altronde spiega agli italiani quale sarebbe l’intesa dentro un fronte così composto. I programmi del centrosinistra sono esattamente opposti a quelli di Forza Italia e non esiste un solo punto di similitudine o possibile convergenza. Dentro il Pd e non solo, convivono anime che hanno politicamente “odiato” Silvio Berlusconi e Forza Italia profondamente.

Nel centrosinistra postcomunista permangono personaggi che quando Berlusconi fu esonerato prima da Palazzo Chigi e poi dal Parlamento, hanno festeggiato con champagne e caviale come si usa dalle parti degli eredi di Togliatti. Oltretutto nel mondo radical chic e degli intellettuali affini al Pd, compresi giornali e televisioni, Berlusconi è stato sempre dileggiato e in larga parte continua a esserlo su tutto il fronte.

Dunque, alla luce di queste assolute verità quale intesa per il bene del Paese sarebbe possibile fra il “diavolo e la croce”? Ovviamente nessuna se non quella della spartizione del potere, delle poltrone, degli incarichi e della stanza dei bottoni. Ecco perché non esiste il bene dell’Italia in una “larga intesa” e chi porta l’esempio della Germania mente politicamente e basta.

La Germania che piaccia o no, non è l’Italia ma un Paese dove le cose funzionano bene, politica e amministrazione sono separate davvero, l’architettura istituzionale è diversa e la cultura dello Stato profonda e radicata. La Germania pensa ai tedeschi innanzitutto, non guarda in faccia nessuno, spinge per il bene collettivo e non confonde la grande coalizione come una semplice ammucchiata di potere. Insomma e ci amareggia doverlo ammettere per tante e tante ragioni, la Grosse Koalition è tutt’altro che le eventuali larghe intese nostrane. Ecco perché diciamo no agli inciuci, no alle coalizioni ipocrite, no a ammucchiate disuniformi e opportuniste. Per farla breve l’auspicio è che gli italiani il 4 marzo sappiano spazzare via con un plebiscito chiaro quelle infide sirene delle larghe intese, che a tutto penserebbero fuorché ai problemi del Paese.

 


di Elide Rossi e Alfredo Mosca