Juncker, considerazione zero

sabato 24 febbraio 2018


Che l’Italia purtroppo dal Governo Monti in giù abbia progressivamente perso autorevolezza internazionale è una realtà incontrovertibile. Dal caso dei Marò a quello drammatico di Giulio Regeni, dal menefreghismo sull’immigrazione ai giudizi di Amnesty International, è una sequela desolante.

Insomma, che un mediocre signore noto per l’esperienza nella pratica dei paradisi fiscali, per la mancanza di stile, per le gote spesso paonazze e per la tendenza alle gaffe consapevoli, ci tratti così la dice lunga. Non basta essere presidente della Commissione europea per sentirsi rappresentante della verità, anzi, è l’importanza della carica a qualificare lo spessore culturale e umano dell’individuo. Jean-Claude Juncker non solo ha dimostrato più volte di non essere all’altezza del prestigioso incarico che ricopre, ma ci conferma che anche in Europa il problema della scelta degli uomini si pone eccome. Potremmo dire tutto il mondo è Paese e che la mediocrità degli uomini politici purtroppo è ormai una realtà planetaria, ma non basta.

Non basta perché al netto di questa evidenza resta per l’Italia un deficit di autorevolezza che si è fatto preoccupante. Del resto quando per anni ci si inginocchia alle imposizioni della Ue, quando per anni si esce perdenti dai tavoli di confronto e non si è in grado di farsi rispettare, le conseguenze non possono essere che queste. Ecco perché da noi il problema non è tanto quello di replicare alle scivolate sgarbate di un tizio incauto, ma più significativamente di contare nel consesso internazionale. La cosa è di fondamentale importanza specialmente in vista della successione a Mario Draghi, che con tutta probabilità segnerà l’ingresso alla Bce del falco tedesco Jens Weidmann. L’attuale capo della Bundesbank, infatti, non solo non ama l’Italia, ma ha notoriamente, in tema di politica monetaria, tendenze opposte a Draghi.

Per questa ragione la necessità che l’Italia recuperi autorevolezza, voce e prestigio sia nella Ue che nel mondo si pone eccome. Il centrosinistra in questi anni ha piegato la testa spesso e volentieri, troppo volte si è presentato alla Ue come questuante anziché proponente, troppo spesso anziché “rilanciare” con fermezza ha detto “passo”. Qui non si tratta di essere contro l’Europa, l’euro e i Trattati, che pure si sa vanno modificati, si tratta di far valere il peso di un Paese senza il quale l’Europa non esisterebbe. Ecco perché il centrosinistra ha fallito anche in Europa, ecco perché serve una svolta politica con il voto del 4 marzo. L’Italia deve recuperare il ruolo che le spetta e deve essere in grado di porre sul tavolo quel potere contrattuale che per colpa delle politiche del centrosinistra si è letteralmente dissipato in questi anni.


di Elide Rossi e Alfredo Mosca