Giochi proibiti

Quale sia la formula pensata da Matteo Salvini per chiudere un eventuale accordo, che pur restando nel perimetro del centrodestra coinvolga i grillini, è davvero un mistero. Va da sé, infatti, che immaginare Salvini premier e un governo misto fra ministri di centrodestra e ministri grillini, è impensabile allo stato attuale. Altrettanto impensabile è un Esecutivo tutto di centrodestra con l’appoggio esterno dei pentastellati, che al contrario di ciò che dichiarano le poltrone le vogliono eccome. L’ipotesi infine di un governo e di una maggioranza secca di soli leghisti e Cinque Stelle sarebbe ancora più dirompente.

Per farla breve, il disegno di Salvini di trovare una soluzione che comunque sia lo veda Presidente del Consiglio, sembra più una battuta che altro. Oltretutto non si capisce quale programma potrebbe uscire fuori da alleanze simili, perché anche quei punti che sembrano di vicinanza fra Lega e Cinque stelle nascondono differenze enormi. Non può bastare, infatti, indicare la necessità di abbattere le tasse, intervenire sulle pensioni, controllare l’immigrazione, incrementare l’occupazione e sviluppare il sud. Su questi temi tutti, ma proprio tutti i partiti sono concordi in linea di principio, salvo poi dividersi totalmente sul significato, sul metodo e sul modo per reperire le risorse. Ecco perché anche quello che sembrerebbe apparentemente possibile all’atto pratico diventa irrealizzabile. Basterebbe per questo pensare alla flat tax, che non si limita a un semplice abbattimento delle tasse, ma sottintende una vera rivoluzione fiscale rispetto al passato. Per non parlare dei flussi migratori, dello ius soli e del principio “prima gli italiani”, sui quali scavando bene le distanze fra gli intendimenti leghisti e quelli grillini sono planetarie.

Come se non bastasse, fra Cinque Stelle e centrodestra c’è una concezione dello Stato diametralmente opposta, gli uni pensano a uno Stato minimo, gli altri al più classico dei leviatani. Insomma, che piaccia o no il rischio di una maggioranza innaturale, composta per smanie personali porterebbe a uno stravolgimento dei programmi, sulla base dei quali si sono presi i voti. Ecco perché Salvini innanzitutto dovrebbe fare chiarezza in se stesso per dare un senso coerente al successo elettorale, che pure ha ottenuto.

Dulcis in fundo, il Partito Democratico e soprattutto i renziani, escluderli a prescindere da ogni ipotesi potrebbe rivelarsi un boomerang rischioso e per certi versi autolesionista.

 

Aggiornato il 22 marzo 2018 alle ore 09:54