Lega-M5S: verso un cortocircuito parlamentare

martedì 27 marzo 2018


È ormai un mese che ci chiediamo invano chi abbia vinto le elezioni e quali saranno i prossimi passi per l’eventuale formazione del nuovo governo targato Salvini-Di Maio.

L’unica cosa chiara è che questa legge elettorale, nata per creare ingovernabilità stroncando l’ascesa al potere dei Pentastar, ha fatto il suo dovere avendo come primo effetto collaterale imprevisto quello di essere scoppiata in mano a chi aveva staccato la linguetta della granata per lanciarla nella trincea di Beppe Grillo e soci. Matteo Renzi e Silvio Berlusconi sono rimasti vittime di fuoco amico e, se il primo cerca di fare il sostenuto tirandosi sdegnosamente fuori dai giochi, l’altro sta facendo la figura di quello che arranca dietro alle decisioni prese altrove.

La verità è che entrambi sono politicamente vivi per miracolo e irrilevanti nei giochi di palazzo: Renzi reputa di essersi relegato volontariamente alla finestra per godersi lo spettacolo ma intanto il suo Partito Democratico non se lo fila nessuno (lo schifano per davvero, altro che “Aventino volontario”). Berlusconi avrebbe potuto fare la stessa fine, ma si dà il caso che ancora serva a Salvini per fare numero contribuendo così a giustificare le pretese leghiste in virtù del trentasette per cento preso dalla coalizione alle elezioni.

Più di una scheggia è invece arrivata anche nelle terga degli sfortunati cittadini visto che, in virtù dell’ideona partorita dal duo Berlusconi-Renzi, molto probabilmente un elettore che ha votato centrodestra non certo per impalcare gli sfaccendati grillini sugli scranni più alti del governo, potrebbe essere costretto a dover subire l’onta di ritrovarseli alleati e quindi trionfanti indirettamente anche con il proprio voto (lo stesso vale a parti invertite per i Cinque Stelle).

Da qui in giù è tutto un compromesso al ribasso: lo è quello di ritrovarsi un Fico secco con un master inventato a capo di Montecitorio con il voto del centrodestra così come lo è anche quello di vedere frustrate sull’altare del compromesso coatto (in tutti i sensi) con i grillini le legittime aspettative di chi il voto te lo ha dato per fare cose altre rispetto a un Governo con gli odiatori sociali di professione con manie assistenzialiste di grandezza.

Perché qui non si tratta di conciliare le posizioni del Partito Repubblicano di Giorgio La Malfa con quelle del Partito Socialdemocratico di Antonio Cariglia. Qui si tratta di costringere uno come Gianni Letta a telefonare a Rocco Casalino e non è bello dopo tanti anni al servizio della Repubblica. Qui si tratta di far capire a Luigi Di Maio – il quale è ancora convinto di aver vinto le elezioni – che in una eventualità disgraziata come può essere un’alleanza con i pentastellati, tutti devono fare un passo indietro in termini programmatici e di ruoli governativi. Ma quand’anche il miracolo di San Gennaro si compiesse fuori tempo e Di Maio comprendesse come funzionano i governi di coalizione, cosa potrebbe venir fuori da un’alleanza fatta con chi – Travaglio in testa – pensa che fare un patto programmatico con lo “Psiconano” equivalga a meritarsi la scomunica e il linciaggio?

Ne verrebbe fuori un cortocircuito parlamentare senza precedenti capace di esprimere gli istinti peggiori delle opposte fazioni acuendo la sfiducia degli elettori nei confronti della politica con esiti imprevedibili. Si aggiungerebbe alla frustrazione di fare alleanze contro natura anche l’incazzatura di doversi sottoporre ai diktat di chi non sa nemmeno cosa significhi questa parola costringendolo a digitarla su Rousseau per cercare indicazioni al riguardo.

 

 

 

 


di Vito Massimano