Pd: i renziani vogliono il congresso

giovedì 12 aprile 2018


Bisogna fissare una data per il congresso del Pd. Se ne è convinto Matteo Renzi, a dieci giorni dall’assemblea del partito.

Sono due, spiegano i dirigenti a lui vicini, le opzioni: primarie a novembre o a febbraio 2019, per avere un nuovo segretario prima delle europee. A guidare il partito potrebbe essere, aggiungono, Maurizio Martina, se accettasse di dare una scadenza ravvicinata al suo mandato da segretario, o - a norma di statuto - il presidente Matteo Orfini. Ma la proposta viene per ora rispedita al mittente da Martina, che si candida a essere eletto in assemblea segretario con pieni poteri: “Al Pd non serve un liquidatore o passacarte e non possiamo permetterci divisioni o conte in fretta e furia”. È un braccio di ferro in piena regola, quello in corso nel partito. E gli esiti non sono scontati. Si discute di come gestire la fase di transizione post-sconfitta. Ma in ballo c’è, in prospettiva, il potere di fare le liste elettorali per le europee o in caso di voto anticipato. E nell’immediato, la tenuta della linea che il partito porterà al Quirinale nelle prossime settimane. Quella linea, sottolineano franceschiniani e orlandiani, non è più blindata sull’opposizione, perché si allarga il fronte di chi vuole aprire un dialogo per provare a scongiurare un governo M5S-Lega.

“Inizia un confronto civile di idee diverse”, afferma Dario Franceschini. “Se M5S rinuncia alla Lega siamo pronti a discutere”, insiste Andrea Orlando. Alla vigilia del nuovo giro di consultazioni, i due parlamentari renziani Tommaso Cerno e Stefano Ceccanti presentano intanto al Senato e alla Camera proposte di riforma costituzionale per introdurre il semipresidenzialismo. È un segnale di disponibilità di Renzi al dialogo su un governo del presidente con al centro anche le riforme? Il tema, sostengono i renziani, oggi non esiste: l’accordo tra Di Maio e Salvini c’è già. Ma nel partito si continua a dibattere, tanto che se ne parla in qualcuno degli interventi di un’assemblea dei senatori per approvare il regolamento del gruppo: “Franceschini come intende impedire un governo M5s-Lega?”, domanda Dario Parrini. C’è chi assicura che la linea “governista” prende sempre più piede tra i Dem. E anche per questo i “pasdaran” renziani vogliono blindare la linea dell’opposizione con un congresso in autunno e la reggenza di Matteo Orfini.

Ma dalla minoranza ribattono che lo statuto non prevede la reggenza di Orfini, semmai potrebbe restare l’ex vicesegretario di Renzi: Maurizio Martina. Il reggente resta “in campo” e si propone “con tenacia” per una segreteria senza termini di scadenza, che porti alla “ricostruzione” del partito nei prossimi anni con “umiltà, collegialità e lavoro di squadra”. Il nome di Martina - che in chiave unitaria tiene contatti con tutti i big del partito, inclusi Matteo Renzi e Paolo Gentiloni - avrebbe il sostegno di Franceschini, ma anche Emiliano (purché Martina faccia chiare aperture a un dialogo con M5S) e Andrea Orlando. La minoranza convergerebbe sul reggente se unisse, altrimenti presenterebbe un suo candidato. Il tentativo in atto è evitare la rottura e lo stesso Renzi agli interlocutori non esclude di convergere su Martina, purché accetti una data per il congresso.

Nell’assemblea, sostengono dalla minoranza, i renziani non hanno più numeri così solidi: l’ala “governista” avrebbe circa il 50 per cento dei voti. Al contrario, ribattono gli uomini più vicini all’ex segretario: la maggioranza è schiacciante. Ma i nervi sono tesi, come dimostra la polemica per una festa organizzata dai Giovani democratici della Balduina a Roma, con locandina che ritrae i funerali di Renzi. E ancora di più, lo mostra l’iniziativa di 400 democrat che denunciano l’assenza di donne negli organi dirigenti nel partito: “Non ci fidiamo più di voi”, dicono ai vertici del partito. E scatenano un putiferio: “Hanno approvato anche loro le liste”, replica un gruppo di parlamentari renziane.


di Redazione