Il coraggio di cambiare: ora tocca a noi

Il centrodestra, ad oggi la prima coalizione in Italia, piuttosto che cercare una ricetta vincente per rifondarlo, è necessario capire se ha gli strumenti adatti per soddisfare i bisogni dei cittadini. Occorre capire se sia provvisto di quelle menti lungimiranti e capaci di guidare un Paese come l’Italia.

Dal 2008 viviamo una situazione di crisi economica, sociale e valoriale che ha portato il nostro Paese allo stremo, non solo economicamente. Anche la fiducia nelle istituzioni e nella classe politica da parte dei cittadini è venuta meno. Ciò che lo dimostra è anche la precaria pace sociale che si palesa sempre più spesso in continui e frequenti scontri tra facinorosi contro le forze dell’ordine, l’aumento di omicidi familiari, suicidi di giovani in condizioni di disagio. Un Paese allo sbando, senza una guida autorevole che abbia avuto il coraggio di affrontare la crisi non solo sul piano di numeri del bilancio dello Stato, ma soprattutto sociale. Carenze che hanno reso l’Italia una nazione senza sovranità e rispettabilità agli occhi degli osservatori esterni e degli attori europei e internazionali. In questi anni l’Italia ha perso occasioni d’oro per poter cambiare strutturalmente il Paese e far ripartire l’economia. Restiamo con la Grecia il Paese che più resta attardato ora che la ripresa pare ufficialmente ripartita. Il problema principale dell’Italia resta la stagnazione, anzi l’arretramento della produttività. In questo clima, la politica dovrebbe elaborare strategie, insieme a serie e profonde riflessioni sul futuro del Paese.

Come sempre nei momenti di crisi, non possiamo che ripartire dai nostri valori, da quei capisaldi che hanno retto l’Italia permettendole di diventare una grande potenza competitiva per molti decenni nel panorama internazionale. Non solo Dio, patria e famiglia, ma anche libertà, uno Stato meno ingerente, meno tasse; meno tutto ciò che non sia diretto all’efficienza, all’efficacia e alla visone di uguali possibilità per tutti. Un centrodestra che sappia recuperare e rafforzare quel ceto medio che ha reso produttiva e all’avanguardia l’Italia negli anni Novanta.

Forza Italia è stata ed è una bellissima storia, motore dell’Italia per vent’anni. Purtroppo però, oggi quell’idea rivela i suoi limiti. E ora è più che doveroso, da parte delle generazioni che devono ricostruire questo Paese, ripagare della grande rivoluzione liberale, iniziata da Silvio Berlusconi, pensando a come superare quel modello di Forza Italia senza dimenticare l’esperienza positiva di una proficua alleanza con la Lega di Matteo Salvini e Fratelli d’Italia. L’esperienza ci insegna che gli italiani sono per natura conservatori e hanno sempre premiato i governi autorevoli, guidati da una classe dirigente che infondesse in loro sicurezza e fiducia.

Dopo anni di politica intesa come continuo scontro tra partiti fortemente caratterizzati dalle ideologie, la necessità del popolo italiano è oggi, a mio parere, quella del ritorno al pragmatismo che fu caratteristica essenziale della politica fin dai tempi dei Greci e dell’Impero Britannico. Quindi, senza personalismi, occorre capire se esiste un minimo comun denominatore tra le forze di centrodestra, per strutturare, anche e soprattutto sul territorio, un partito che possa attrarre i moderati, i liberali, i cristiani e, soprattutto, le persone di buona volontà e buon senso. Occorre riappropriarsi di una rete di persone, amministratori e professionisti che insieme ricostruisca il centrodestra inteso come partito unico formato dall’insieme delle diverse anime del centrodestra. Noi, i ricostruttori, che abbiamo negli occhi e nel cuore il Presidente Einaudi, De Gasperi; a anche J.F. Kennedy, Adenauer, Churchill; noi che con questo spirito siamo pronti a dare un futuro all’Italia.

“L’Era dei rinvii, delle mezze misure, degli espedienti ingannevolmente consolatori e dei ritardi è da considerarsi chiusa. Ora inizia il periodo delle azioni che producono delle conseguenze” (W. Churchill).

Aggiornato il 20 aprile 2018 alle ore 19:33