La democrazia della stasi

C’è chi dice che centrodestra e centrosinistra stiano giocando al gatto col “Topo Gigi” facendo intravvedere ai Pentadilettanti lo spiraglio per un accordo di governo onde poi buttare l’accordo in vacca palleggiandosi il povero Luigi Di Maio il quale fa la spola tra Piazza San Lorenzo in Lucina e Via del Nazareno più volte al giorno.

Adesso qualcuno sussurra che Matteo Renzi sia pronto all’ennesimo colpo di teatro passando dal rifiuto a qualsiasi ipotesi di accordo con i pentastellati a una clamorosa offerta di dialogo purché esso parta da un punto focale: Luigi Di Maio non sarà Presidente del Consiglio di un eventuale governo Pd-M5S (piuttosto meglio Roberto Fico, il nemico giurato di “Giggino”).

Dopo aver dimostrato al popolo grillino che la democrazia diretta non esiste (Di Maio non sarà premier e il programma pentastellato non sarà oggetto dell’agenda di governo), i soliti ben informati dicono che Renzi farà saltare il tavolo facendo virare il Paese verso un più collaudato “Governo del Presidente”. Nel frattempo i pentastellati saranno dilaniati al loro interno e i relativi elettori disillusi. E così avremo passato due mesi a celebrare questi nauseabondi riti parlamentari e ci saremo abbondantemente disgustati dietro ai tatticismi vintage da pentapartito di Giulio Andreotti mentre invece è solo il Pentastar di Danilo Toninelli, ispettore tecnico assicurativo da Cremona.

Tutta colpa dei grillini? No, assolutamente: tutta questa manfrina esiste perché qualcuno ha deciso di avvelenare i pozzi facendo questa assurda legge elettorale (assurda perché priva di un sia pur minimo premio di maggioranza), ben sapendo di condannare il Paese alla stasi. Fa bene Matteo Renzi a mantenere un profilo basso perché, se il Paese non riesce ad avere un Governo nonostante ci sia una coalizione che ha preso il trentasette percento, è soprattutto per colpa sua e poi anche di tutti coloro che hanno accettato di votare questo cortocircuito della democrazia chiamato “Rosatellum”.

Con l’odiata Legge Calderoli, nel 2013 Pier Luigi Bersani poteva contare su 344 deputati e 119 senatori avendo raccolto circa il ventinove per cento dei voti: lui con nove punti in meno di quelli che ha oggi il centrodestra era autosufficiente alla Camera e bisognoso di un aiutino al Senato.  

E il centrodestra oggi invece non riesce a impalcare un governo con una coalizione che ha raccolto il trentasette per cento costringendo gli italiani a pendere dalle labbra di un gruppo di esaltati come i grillini. Cose che accadono quando si scrivono le leggi contra personam e non con il fine di permettere alla democrazia di funzionare.

Aggiornato il 20 aprile 2018 alle ore 16:33