I tanti “No” e la Costituzione

Se c’è stato sconfinamento (come sembra a più d’uno), il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella non lo ha compiuto con intenzione prevaricatrice, ma per errore in buona fede. Non cambia la sostanza, ma l’elemento psicologico attenua la responsabilità.

I costituzionalisti sono inaspettatamente silenziosi, forse consapevoli che l’articolo 92 della Costituzione (al pari dell’articolo 88) è sempre stato espressione solo della moral suasion che il capo dello Stato doveva esercitare sul Presidente del Consiglio incaricato, viste le designazioni, spesso tormentate, e la debolezza delle loro maggioranze parlamentari (laddove l’articolo 87 era lo stesso ma a garanzia delle forze parlamentari di fronte a una prerogativa incisiva del capo dello Stato). 

Per Costituzione il Presidente della Repubblica non detiene poteri (tranne qualche nomina) perché irresponsabile di tutti i suoi atti (devono essere sempre controfirmati da un membro del Governo). Per questo lo si definisce potere neutro. Al tempo stesso, la sua controfirma degli atti del Governo evitano rischi di contraddizioni o violazioni della Costituzione. Per questo lo si definisce garante della Costituzione e rappresentante dell’unità nazionale. Dovrebbe essere tutto chiaro, invece quei due brevi articoli 92 e 88 sono da sempre al centro di feroci dispute.

Fino al 27 maggio, l’articolo 92 era rimasto nell’ombra, abituati, come eravamo, al silenzio di quanto concordato durante le consultazioni.  Da domenica scorsa la richiesta di impeachment di Mattarella da parte di Fratelli d’Italia e del Movimento 5 Stelle ha cambiato tutto e potrebbe diventare il terzo caso di messa sotto accusa del capo dello Stato.

Sulla insufficienza delle giustificazioni a sostegno del “No” alla nomina del professor Paolo Savona quale ministro dell’Economia ho già detto: tutela del risparmio e del debito sovrano, buoni rapporti con le cancellerie europee, da sole, non reggono (così spiego i sussurri, senza riscontro, di alcuni commentatori sull’esistenza di altre ragioni che il Presidente non ha reso pubbliche). C’è invece da dire che, comunque finisca, il “No” di Sergio Mattarella chiarirà la portata dell’articolo 92, fissando la natura della firma del capo dello Stato sulla nomina dei ministri, e aprirà il dibattito sui poteri del Presidente del Consiglio. Ne risulterà difatti rafforzato o compromesso l’articolo 95 e la Repubblica si troverà indirizzata verso il premierato o il presidenzialismo.

Se i Cinque Stelle otterranno la messa in stato di accusa, sarà presumibilmente confermata la natura notarile del Presidente della Repubblica in tema di compagine ministeriale. Diversamente, si saprà che il capo dello Stato detiene la nomina dei ministri perché il Presidente del Consiglio può indicare il nome ma non ottenerne la nomina. E poiché chiarimenti o modifiche della Costituzione sono come palle di neve che rotolano, verso valle, dalla cima di un’alta montagna, ingrossandosi, le future maggioranze e i candidati premier dovranno concordare le loro squadre ministeriali col capo dello Stato. Come il Costituente non sembra aver voluto.

Nel primo caso Mattarella rischierà qualcosa, nel secondo Mattarella passerà alla storia per aver aperto la stagione dei Presidenti con più poteri neutri. Nel frattempo possiamo oggi solo registrare che il “No” di Mattarella non ha scongiurato ma dato il via alla caduta della Borsa e all’impennata dello spread.

 

Aggiornato il 29 maggio 2018 alle ore 12:15