Basta con questo spettacolo

E poi ce la prendiamo con i mercati, che non solo non si impietosiscono ma quando vedono burro fresco dove affondare la lama per spalmare tutto su una bella fetta di guadagni da spread, vanno a nozze.

Insomma, ce le cerchiamo col lanternino le spregiudicatezze di una speculazione che, al contrario degli allarmi a cui assistiamo, comunque non ci manderà mai in default. Nessuno affonderebbe l’Italia per mille ragioni a partire da quella che è meglio tenerla al guinzaglio e spremerla bene, piuttosto che rovinarla.

In Europa, e dove si conta, hanno capito cosa fare per metterci in riga, ecco perché assistiamo a comportamenti della stampa estera e di alcuni spregevoli tromboni Ue con stile da trivio. Da anni, anzi è dalla nascita dell’Euro che ci pieghiamo a condizioni insostenibili e chiaramente sfavorevoli al nostro sistema economico e produttivo. Sbagliato il cambio iniziale, le condizioni sul deficit, sbagliate le regole di bilancio e sbagliato il sistema di quote e tanto altro al quale avremmo subito dovuto opporci. Invece abbiamo non solo accettato “sic et simpliciter” i Trattati Ue, ma lo abbiamo fatto spacciando con sorrisi ridicoli una sconfitta per un successo epocale, tanto è vero che siamo subito entrati in affanno.

Come se non bastasse, nel tempo anziché mettere a posto gli squilibri interni e contemporaneamente chiedere con forza la modifica delle regole Ue abbiamo insistito nel non fare né l’una né l’altra cosa, accettando vincoli sempre più soffocanti. Piuttosto che farci sentire abbiamo preferito la strada della questua pur di avere qualche concessione in cambio della ininfluenza contrattuale e di una sorta di obbedienza silente verso la Germania. Sarebbe invece bastato chiedersi come mai l’Inghilterra fosse rimasta fuori e la Francia invece si fosse legata a doppio filo ai tedeschi per capire l’antifona dell’Unione, dei trattati e della moneta unica.

Solo noi, nonostante il peso specifico della nostra economia in Europa abbiamo scelto la via della sottomissione o quasi nei confronti della Germania e dell’asse franco-tedesco. Si dirà, ma il debito pubblico? Le mancate riforme? La politica economica? Tutto vero e grandi sono le nostre colpe in tutti i sensi, ma altrettanto grande avrebbe dovuto essere la consapevolezza che con certi vincoli, con certi trattati e certe regole, non avremmo mai potuto farcela e così è stato e non solo per noi. Tanto è vero che dopo 15 anni di moneta unica la Ue, al contrario di ciò che si dice, è una polveriera di proteste e malumori in molti Paesi e l’Euro non è per nulla matematico che sopravviva in eterno. Ecco perché i mercati opportunamente guidati inzuppano il pane finché possono e dove possono farlo meglio. Offrirgli il fianco è a dir poco da scriteriati.

In questi mesi dal 4 marzo abbiamo assistito alla qualunque, con scene da teatro della commedia e dell’avanspettacolo; sul proscenio è sceso in campo di tutto e il suo contrario e francamente non è possibile. C’è stato un vincitore seppure parziale, al quale non è stato concesso di trovare la quadra in Parlamento, poi una maggioranza sebbene innaturale bocciata per un nome rispettabilissimo per idee e competenze, infine la proposta di un Esecutivo tecnico che dopo Mario Monti gli italiani considerano peggio dell’orticaria. Insomma, di tutto e di più e adesso è ora di dire basta: o si parte con un governo politico da mettere alla prova o si torna subito dagli italiani. Tertium non datur, stavolta la terza via è pericolosa davvero.

Aggiornato il 30 maggio 2018 alle ore 13:15