Bannonmania

Il “Populismo” è un bene (ideologico) d’esportazione? La domanda è lecita, stando alle reiterate trasferte in Italia (di recente a Roma) di Steve Bannon, responsabile della campagna elettorale di Donald Trump e sospeso (fintamente) “a divinis” dal suo patron in quanto russofilo ma, di fatto, utilizzato come agente doppio in funzione antigermanica. Anche perché, oggi, la strada per lui è tutta in discesa, vista la forte avanzata delle formazioni così dette antisistema, di cui i sondaggi riservati sottoposti ai responsabili delle principali Cancellerie dell’Unione dicono che a maggio 2019 (cioè, per le prossime europee) saranno valanga. Del resto, le élite occidentali responsabili di questo disastro sociale ed economico, che ha visto centinaia di milioni di famiglie scivolare in pochi anni sotto la soglia di povertà, hanno fatto di tutto per meritarselo. I loro miti di Euro e globalizzazione non sono stati una manna per tutti, un gioco “win-win” come promesso. Hanno vinto, invece, le incontrollabili tigri asiatiche e gli Unni della finanza speculativa internazionale, acefala e sterminatrice dei Paesi più indebitati. In questo epocale fallimento le categorie di destra e sinistra non hanno fatto alcuna differenza, unite nella catastrofe della disillusione da loro stesse provocata avendo, per di più, perduto i contatti e le radici con il proprio popolo.

Come si è visto con la Brexit e con Trump, soprattutto, sono stati i diseredati delle periferie del mondo, quelli cioè che non abitano le metropoli ricche e opulente libere di coltivare per hobby i valori artefatti del mainstream politicamente corretto, ad avere detto definitivamente “Basta” allo spopolamento dei piccoli centri e alla conseguente desertificazione della forza lavoro e, “pour cause”, del tasso di natalità sceso ben al di sotto dello zero. Per di più, si è lasciato che i ceti svantaggiati, ma elettoralmente maggioritari, confinati in orribili periferie urbane fossero insidiati nelle fasce più basse dell’occupazione e del precariato dalla presenza sconsiderata di un’immigrazione africana che non ha mai conosciuto la modernità (e, quindi, facile da sfruttare perché priva di skill, tutele sindacali e coscienza politica), né ha forza riproduttiva, essendo incapiente (come si fa a mantenere una famiglia numerosa in base agli standard occidentali?) e non accompagnata da un’adeguata presenza femminile. A questa politica scellerata di “accogliamoli tutti!” che promana dall’Onu e dalle gerarchie religiose si sommano due strategie planetarie simmetriche e contrapposte.

La prima, è quella di “America First!” isolazionista e autarchica che ha come nemico giurato l’Europa germanica. La seconda è quella che vede in campo da un decennio il “Ritorno della Grande Madre Russia” su tutti i terreni di azione abbandonati dagli Usa e che, invece, agisce come le sirene di Ulisse nei confronti di un’Europa senza risorse energetiche e priva di una leadership politica forte, distinta da quella del libero scambio presidiata dagli euroburocrati di Bruxelles e dagli stampatori di moneta di Francoforte. Per dire “Basta!” a tutto questo che cosa rimane d’altro alla maggioranza elettorale dei “left-behind”, dei lasciati indietro e dei diseredati se non affidarsi nelle mani di coloro (i così detti “sovranisti-populisti”) che avversano questo mostro planetario prodotto da élite che hanno il loro invisibile sovrano nel Dio Denaro acefalo e insensibile, e nel potere fine a se stesso? Quindi non sono i sofferenti a essere i colpevoli, ma le vittime. E puniranno con la massima forza del loro scontento tutti coloro che si saranno messi di traverso, almeno fino a quando potranno esercitare il loro voto democratico. La “finis mundi” è qua, nel “tanto peggio tanto meglio” e senza dighe adeguate la marea dello scontento non si fermerà.

Aggiornato il 30 maggio 2018 alle ore 20:25