Mattarella e una crisi bislacca

mercoledì 30 maggio 2018


Sergio Mattarella, attaccato con violenza scomposta e grottesca da Luigi Di Maio e dai salviniani deve essere difeso. Come qualunque cittadino e qualunque esponente delle Istituzioni fatto oggetto di una violenza che, a prescindere dalle motivazioni e dai pretesti di chi la esercita, è inconcepibile in uno Stato libero e democratico.

E le motivazioni o, piuttosto, i pretesti dello scatenamento della rabbia populista sono assolutamente ingiustificati. Perché riguardano proprio un gesto, una fase della gestione della crisi in cui Mattarella ha esercitato il potere che Costituzione e prassi gli attribuiscono, con motivi buoni e cattivi, ma che è difficile non ritenere tali da giustificare un estremo intervento del capo dello Stato.

Piaccia o non piaccia facciamo parte dell’Unione europea. Tutta la nostra economia si basa su tale nostra partecipazione e sull’assetto economico finanziario che ne deriva. Che esso sia il migliore o anche solo quello che ci garantisce il minimo che dobbiamo pretendere dall’Unione può essere messo in discussione. Ma l’uscita dall’Unione è ipotesi demenziale, sciagurata e inconcepibile per un Paese che difetta di tutto quello che l’Unione bene o male gli dà, a cominciare proprio dai limiti e dalle imposizioni di regole, magari pesanti. E che non ha una classe politica che potrebbe affrontare senza ulteriori follie una tale evenienza.

Che Mattarella abbia, alla fine, agito da guardiano dell’Unione oltre che da guardiano della Costituzione è naturale. Del resto è la Costituzione che parla di limiti alla sovranità per esigenze di rapporti comunitari. Che tale potere lo abbia speso con oculatezza e in forma e limiti adeguati al caso può essere oggetto di discussione. Non certo di invettive e di grida alla rivolta.

Ciò che diciamo potrà apparire strano e contraddittorio essendo stati noi a parlare per primi (mentre Luigi Di Maio e Matteo Salvini si spartivano la classica pelle dell’orso) di “prassi eversiva” seguita da Mattarella. Sissignori. Prassi eversiva. Ma tale sfascio delle regole il Presidente lo ha compiuto e lo ha consentito proprio nella fase precedente, consentendo a Salvini e Di Maio di portare avanti una gestione “privata”, meramente “partitica” dell’iter per la formazione del governo, redigendo il “contratto privato” e ottenendone proroghe per la sua compilazione, in pratica autorizzando che quei due sprovveduti potessero, di fronte al Paese, sentirsi investiti del potere di fare governo, programmi, assegnazione di ministeri, “saltando” la designazione di un Presidente del Consiglio responsabile di tutto ciò e chiedendone il nome come una “pezza colorata” da applicare al loro esclusivo operato. Questa era aperta e intollerabile violazione delle norme di valore costituzionale.

Violazione, si noti bene, a favore dei due partiti e dei loro ineffabili capi politici (come se potessero esservene altri!). Se l’intervento di Mattarella è apparso “in extremis”, addirittura a cose fatte, ciò è dovuto al deplorevole rovesciamento della prassi. Ma una domanda si impone: perché Mattarella ha consentito, praticamente autorizzato questa violazione della prassi e della logica, perché ha nominato il “presidente designato”, si può dire, solo per revocargli l’incarico o riceverne le dimissioni? Non amo le dietrologie. Ma, soprattutto di fronte al silenzio di tutti, di fronte alla eversione della prassi e della logica, di fronte a quella quasi complicità nella redazione dell’assurdo “contratto” e della conseguente “privatizzazione” della soluzione della crisi, almeno un dubbio mi sorge: Mattarella ha voluto che la crisi andasse avanti nella sua gestione “barbarica” e privata, per “sputtanare” i gialloverdi, per evidenziare il pericolo che il loro governo avrebbe rappresentato per il Paese? Insomma, una trappola. Non sono del parere di Giulio Andreotti che a pensar male spesso ci si azzecca. E mi rendo conto che parlare di trappole tese dal capo dello Stato è cosa assai grave.

Ma ora, comunque siano andate le cose c’è da domandarsi se quella pagliacciata del “contratto” sia servita ad aprire gli occhi a una porzione dell’elettorato (ne dubito) e se la gente, che, a quel che dicono anche i risultati dei sondaggi, è favorevole alla nostra permanenza nell’Unione europea, si renda finalmente conto che con quei personaggi e con certi compromessi questa nostra necessità indiscutibile è messa in grave pericolo. Ci sarebbe poi il discorso delle cosiddette opposizioni, ma ne parleremo più in là.


di Mauro Mellini