Dibattito asfittico: brilla Monti

Governo deplorevole. Maggioranza trogloditica. Opposizione evanescente. Dibattito (scrivo dopo quello al Senato) sfuggente. Sì. Sfuggente. Pare che dopo che strappi alle regole, buffonate mediatiche, mediazioni strane, hanno portato alla costituzione del governo che non chiamerò Governo Conte, ma, dato che Giuseppe Conte conta poco, “cosiddetto governo Conte”, un generale sospiro di sollievo si stia elevando.

Non per il governo fatto, ma per le nuove elezioni da non fare. Il dibattito parlamentare, di fronte all’occupazione del potere da parte del populismo becero, avrebbe dovuto almeno darci il segno di sussulti di una moralità, di un rispetto della ragione, delle ragioni, della storia offesi e oppressi. Come non riandare al dibattito per la fiducia al governo Mussolini dopo la marcia su Roma e a Modigliani che grida, a Mussolini che dichiara che “avrebbe potuto fare di quell’aula sorda e grigia un bivacco per le sue camicie nere” il suo disperato “Viva il Parlamento”? Un grido rimasto isolato che esprime tutta la coscienza di una libertà compromessa e vilipesa. Non vorrei dire che è mancato al Senato (come anche alla Camera) qualcuno che gridi il “Viva il Parlamento”.

Si ribella, però all’insistere sul parallelismo delle situazioni la mia estrema volontà, il mio credo nella libertà, nella ragione e nelle libere istituzioni. E un po’ di credito alla scaramanzia. C’è nell’aria un pericoloso senso di “adattamento” di molti “moderati” che ne fanno un comodo rifugio nella speranza dell’”impratichirsi” delle “matricole” della nuova maggioranza con gli insegnamenti della realtà del governare. È questo il pericolo più grave che corre la democrazia nel nostro Paese. Non si tratta tanto della classica corsa a salire sul carro del vincitore, quanto una tendenza alla fuga dalla realtà che è propria del “partito degli incerti”.

Gli “incerti” non sono solo una componente dei dati statistici dei sondaggi di opinione. Sono una delle “opinioni” più nette e sempre presenti. Silvio Berlusconi li chiamerebbe “i moderati”. Ma gli “incerti” non sono affatto “moderati”. Si incazzano perché il loro non capire non gli consente di scegliere e ne fanno colpa agli altri, al potere, ai partiti. In fondo i Cinque Stelle sono anch’essi la folla degli “incerti” che per anni e anni avevano finito per votare Democrazia cristiana (o Partito comunista italiano) e poi, sempre nell’incertezza avevano votato Berlusconi o, forse, Umberto Bossi o Gianfranco Fini.

Cominciando a incazzarsi per doverlo fare. Oggi, come in tutti i momenti in cui una forza politica si impone con prepotenza, gli incerti, avendo costituito il loro partito, sono di meno. Ma sono, in proporzione, molti nelle residue opposizioni. E si comportano da veri “incerti”: adattandosi e sperando. Aria di “adattamento” nel dibattito al Senato. Così come alla Camera.

Nel grigiore non dell’Aula, ma degli interventi dei Senatori di ieri uno è in qualche modo emerso per decisione. Non ha toccato gli aspetti propriamente politico-morali (si fa per dire) di maggioranza e governo, la svolta penosa di una politica che cede agli impulsi dei frequentatori abituali dei bar di periferia. E la figura del Senatore che ha pronunziato quel discorso non è, credo non solo per me, delle più simpatiche. Ma Mario Monti, senatore a vita ed ex Presidente del Consiglio ha, almeno, evitato ogni ambiguità, ogni previsione di un “adattamento” alla bestialità del governo gialloverde (colori della muffa) e del famigerato “contratto”. Una critica durissima, con una previsione infausta di tutta la politica economico-finanziaria.

A Modigliani che aveva gridato alla protervia minacciosa di Mussolini “Viva il Parlamento”, il grido che salvava l’anima della democrazia morente, Ennio De Nicola (che poi è stato il primo Presidente della Repubblica Italiana) fece il richiamo: “Onorevole Modigliani, lasci parlare il Presidente del Consiglio” (!?).

A Mario Monti che contesta al Governo gialloverde le sue rovinose caratteristiche di un’esca per gli allocchi, “Il Giornale” di Berlusconi, per la penna di Alessandro Sallusti riserva una velata ironia, un rimprovero di esagerazione, un invito a non essere così pessimista. Il mio pessimismo è stato, purtroppo, molto rafforzato dal tono di quell’articolo. Da tempo Berlusconi confonde “moderati” (categoria già preoccupante) con gli “incerti”. E i suoi sembra agiscano in conseguenza.

Aggiornato il 07 giugno 2018 alle ore 18:23