Cara sinistra nostalgia

I mass media, non paghi delle urne del 4 marzo e delle recenti amministrative, continuano a credere sia possibile far cambiare idea agli italiani. Così una decina di pensatori, non di più, si stanno alternando tra giornali e programmi tivù per convincere milioni di telespettatori che l’uomo della strada sbaglia e che deve dare retta a intellettuali da salotto ed economisti graditi al “salotto buono”. E così dai migranti alla Tav, passando per il taglio alle imprese che delocalizzano, è iniziata nei programmi generalisti la linea dell’affermare che nella politica italiana mancherebbe il “partito delle istituzioni”. E quest’omicidio si sarebbe compiuto nelle urne, e per mano del triviale uomo della strada. Quest’ultimo, a detta loro, ignorante e spinto da bisogni primari, avrebbe premiato il “partito della pancia” a dispetto di quello degli intellettuali.

Volete vedere che, in nome e per conto dell’élite intellettuale, quei buontemponi del Partito Democratico vorrebbero rimangiarsi il “suffragio universale”? E perché secondo i consigliori piddini l’unico problema del Paese sarebbe il “populismo”: che in soldoni è l’anteporre nei programmi politici i bisogni immediati del popolo rispetto a trattati Ue e interessi internazionali. Per dirla con parole povere, a questa sinistra interessa più risolvere i problemi della fame nel mondo che salvare da suicidio certo un disoccupato italiano: ecco che nelle urne s’è consumata la vendetta (tutta populista) di parenti, congiunti e amici del disoccupato. Poco importa. In questi giorni da Massimo D’Alema a Matteo Renzi (con l’appoggio di tanti giornalisti di Repubblica e La7) s’è sostenuto che se ci fosse stato il Pd al governo “si sarebbero evitate le tensioni con la Francia e la brutta figura con Spagna e Malta”, che “compito dell’Italia è essere molo d’Europa come della Germania essere motore dell’Ue”, che “sostenere di togliere aiuti economici alle aziende che delocalizzano oltreconfine equivale a mettere fuori controllo lo spread”.

Parole che la stampa di regime (Unione e giornali del “salotto buono”) etichetta come “buon senso politico”. Ma è su questo “buon senso” che non concorda l’elettore medio italiano. E perché in troppi si chiedono come mai i mercati premino la politica di aiutare la fuga delle imprese italiane: ergo, bene ha fatto il ministro del Lavoro Luigi Di Maio a dire che va disincentivata la delocalizzazione. Stesso discorso per tutti i Soloni che, pur di dare addosso al governo, stanno sostenendo che “ha ragione Emmanuel Macron”. Dimenticando che in tutto il Ventesimo secolo i francesi hanno trucidato più di tre milioni di arabi, che nelle colonie applicavano la pena di morte con estrema facilità sugli indigeni, e che oggi vorrebbero darci lezioni di civiltà per il respingimento della nave “Aquarius”. Ma tutte queste sottigliezze sfuggono a chi sostiene che “il Pd ha l’autorevolezza per dialogare con Macron”. Autorevolezza o sudditanza? Visto e considerato che nemmeno una parolina s’è sollevata quando i francesi respingevano, verso l’Italia, a manganellate i minori che tentavano d’oltrepassare la frontiera a Ventimiglia. E i sindaci democratici dov’erano? E la “presidenta” Laura Boldrini è forse intervenuta? Anche l’idea che l’Italia sia il “molo d’Europa” andrebbe confutata, e perché diversamente dovremmo indennizzare (e con soldi europei) tutti gli albergatori che hanno deciso d’investire in strutture recettive turistiche e non in “centri d’accoglienza”. Perché non si può propalare la convivenza (la vicinanza) tra alberghi di lusso e casamenti (ex pensioni) con brande, docce e water all’aperto. Il turista non è tenuto a comprendere che il panorama del casamento con cesso all’aperto si chiama solidarietà, che la presenza di mendicati lungo l’Adriatico è apertura al Mondo, che i miasmi per le strade di Roma sono un folklore che riecheggia la suburra classica. Il turista (o chi investe) vuole un’Italia in linea con le cartoline d’un tempo, dove Capri, Roma, Viareggio, Rimini, la Puglia e la Sicilia erano posti ridenti e soleggiati, privi di disperazione. E siccome il Pd ha dimostrato di non afferrare queste sensibilità, l’elettore oggi è contento che al posto di Renzi ci sia Giuseppe Conte. Certo, non ci mancheranno le chiacchierate dei suoi predecessori con Merkel, Trump e Macron. Nemmeno ci mancheranno le andate a Bruxelles col cappello in mano, che hanno contrassegnato la linea di Romano Prodi.

E siccome c’è chi dice che nella minestra di Palazzo Chigi mancherebbe il sale del Pd, sarebbe il caso che il centrodestra si dimostrasse capace d’influire positivamente sull’azione di governo, scongiurando così i sinistri nostalgismi di certi signori delle televisioni (Fabio Fazio, Tiziana Panella, Diego “Zoro” Bianchi, la lista è lunga).

 

Aggiornato il 15 giugno 2018 alle ore 19:58