“Groko” En Marche!

giovedì 12 luglio 2018


“Groko”: acronimo della “Grosse Koalition” merkeliana. “En Marche!”: antidoto macroniano al veleno lepenista. Che ci fanno assieme? Vorrebbero dominare l’Europa liberale, avendo perseguito nei secoli la stessa identica cosa in forma separata, mandando a morire molti milioni di loro soldati e civili piuttosto che mettersi d’accordo tra di loro una volta per tutte. Paradossalmente, a secoli di distanza è ancora così. Emmanuel Macron nella sua onnipotenza sciovinista, che contraddistingue la formazione suprematista di tutti gli enarque, pensa come Napoleone Bonaparte di poter comodamente cavalcare la tigre prussiana utilizzandola come ariete per far cadere le dighe ultraliberaliste di Bruxelles, riportandole nell’alveo del comodo welfare francese che predilige i deficit di bilancio alle assai più dolorose riforme strutturali richieste dalla dittatura germanica dei “conti in ordine”. Parigi per molti decenni, senza clamori, si è imposta nel governo della Commissione piegando a suo piacimento e comodo, attraverso la sua tecnocrazia burocratica, le clausole dei Trattati.

Ma la giustizia della Storia, pur lenta e implacabile, soffia impetuosa come uno spirito maligno sotto le fessure dell’Eliseo. Due, in sintesi, sono i fantasmi che promettono molti notti insonni a M. Le Président. Il primo si chiama Visegrád che fa affiorare una deriva slava capace di destabilizzare alle radici questa Ue mercantilistica e scristianizzata. Il tutto (ma lui, Macron, non se n’è accorto) si sta operando con la risaldatura di una Mitteleuropa d’antan, che va dal Reno agli Urali, ex-Italia austroungarica inclusa, il cui mastice è costituito da una potente, nascente mescola che attraverso il catalizzatore della lotta comune all’immigrazione clandestina tende in realtà a creare un solida “Fortress Europe”, che si blindi dai veleni mediterranei dei Paesi rivieraschi turbolenti e sempre pronti a creare disordini attraverso l’arma letale dei flussi migratori africani incontrollati, come pure dall’Orso Russo e dalla sempre più isolazionista Federazione americana che (a ragione) non intende più pagare i conti degli europei, in materia militare e commerciale. E ci sta bene: abbiamo spinto gli Usa a fare per noi tutte le guerre in Medio Oriente e in Indocina, che i vari presidenti americani hanno perso puntualmente, grazie al nostro doppiopesismo di finti alleati. Così, adesso, con la Libia e Vladimir Putin ci toccherà fare da soli.

Il secondo corno del problema di Macron è Donald Trump, che non si fa certo spaventare come la Merkel dalla lamentevole “Force de frappe” nucleare della Francia, il quale rappresenta soltanto la punta avanzata dell’onda (nera?) populista e sovranista mondializzata che, come ho ipotizzato in tempi lontani e non sospetti, andrà a insediarsi in forma maggioritaria al Parlamento e alla Commissione di Bruxelles dopo maggio 2019, anno fatidico delle prossime elezioni europee. Lì, caro Emmanuel, nel crogiolo ribollente dei rancori e del desiderio di vendetta delle decine di milioni di diseredati rovinati dal liberismo e dalla finanziarizzazione dell’economia, si annida la fine del tanto sospirato duopolio franco-tedesco di cui, come ti ha ampiamente dimostrato Trump e la zoppia politica di Angela Merkel, non esistono i presupposti. Vincerà la pancia dei popoli elettori e i rancori che le politiche europee a guida comune Berlino-Parigi hanno generato in loro. Insultare non serve, tanto la Storia fa solo i fatti e quelli giocheranno contro gli interessi geopolitici della Francia! Matteo Salvini, qui da noi, come l’arbitro ai mondiali di calcio, sta osservando il cronometro: appena le lancette dell’orologio si sovrapporranno, gli attuali ministri tecnici dovranno trovarsi un altro lavoro.

 


di Maurizio Guaitoli