“Omm’e gnente”, ministri di tutto

giovedì 12 luglio 2018


E pensare che la formazione di questo Governo stava per abortire per un braccio di ferro tra pentastellati e Presidente della Repubblica sul nome di un ministro che si voleva collocare al dicastero dell’Economia. Cosa risolta in un baleno collocandolo in un altro ministero, quello degli Affari europei.

Ciò doveva significare che la questione dell’affidamento delle varie materie alle diverse persone componenti la “squadra” giallo-verde era di massima importanza. E che su questa ripartizione delle competenze governative si giocava l’esistenza stessa del Governo. Sono bastati pochi giorni per accorgersi che in nessun precedente Governo della Repubblica o anche del Regno d’Italia c’è stata mai una confusione di competenze, una frequenza di “invasioni di compiti”, addirittura una assenza di fatto di specificità di compiti, come in questo, nato con quel segnale che lascia prevedere che si sarebbe andati a rilevare il pelo nell’uovo nella demarcazione e nella inviolabilità dei confini dei poteri dei singoli ministri. Pochi giorni sono bastati per avere quella che, del resto, era una conferma di una previsione scontata.

Vattela a pesca chi di questo Governo è il Presidente. Giuseppe Conte? È una pecetta colorata messa all’accordo di potere dei suoi vice. La gente deve fare uno sforzo per capire di chi si tratta se sente parlare del “Governo Conte”. Conte non conta niente, anche se lo mandano in giro a spacciarsi per il “Capo del Governo”. Matteo Salvini è ministro, dicono, dell’Interno che pure si estenda anche all’Esterno, agli Esteri e agli Affari europei. Luigi Di Maio si direbbe sia il ministro delegato alla denominazione pomposa dei provvedimenti legislativi. Il ministro della Difesa pare che non conti nulla per ciò che riguarda la Marina, passata al comando dell’ex lumbard e “padano” (e quindi terragno) Salvini.

Paolo Savona, il pomo della discordia tra maggioranza e Mattarella, con le sue previsioni catastrofiche dilata il suo ruolo di ministro degli Affari Europei a quello della rovina economica (prevista da lui) dell’Italia. Salvini giuoca a fare l’asso piglia tutto. Finché dura. I contrasti all’interno della maggioranza vanno sui titoli dei giornali.

Pare che per il decreto “dignità” (Di Maio dà una denominazione pomposa ai decreti, come i Papi alle encicliche) si dovrà ricorrere al voto di fiducia, paradossalmente necessario quando fiducia non c’è. E siamo agli inizi. Ci sono sintomi che potrebbero far ritenere, invece, che siamo già agli sgoccioli. E il bello, cioè il brutto, è che non si sa se dobbiamo spaventarcene o rallegrarcene.

                                                                 

 


di Mauro Mellini