Troika, no grazie!

Quanti volti ha la “Troika”? Uno classico; l’altro palese e il terzo occulto. Il primo viene dalle steppe ghiacciate della Russia zarista e sta a indicare una slitta trainata da tre cavalli. Il secondo, invece, rappresenta metaforicamente la triade funesta di controllo sui debiti pubblici degli Stati aderenti all’Euro e a rischio di default, composta (sul modello greco) da rappresentanti del Fondo monetario internazionale, di Bruxelles e della Banca centrale europea. Quello che a noi interessa, però, è l’ultima fattispecie perché ha duramente colpito con il suo volto anonimo, disumano e invisibile un’incauta Italia che aderì rovinosamente a Maastricht e all’euro germanico. Fin dagli albori (1992) i suoi devastanti effetti inflazionistici sui risparmi degli italiani erano previsionalmente ben noti ai soggetti incaricati della gestione relativa: Ciampi, Savona, Prodi, Dini, Monti. Il tutto fu incredibilmente bissato con beata incoscienza (anche se io sospetto un atto proditorio, ancora una volta!) dallo sciagurato ingresso della Cina nel Wto a fine dicembre del 2001, data che coincise con il trapasso della Lira, senza alcuno scudo protettivo di tipo doganale e fiscale, cosa che comportò in pochissimo tempo la totale implosione della manifattura tessile italiana e di molto altro nel seguito.

Non temendo di ripetermi, vorrei far capire come il giochino del duopolio franco-tedesco sulle sorti dell’Europa (mai unita!) si sia concluso con un bel disastro, da quando François Mitterrand  pensò bene di concedere alla Germania di Helmut Khol la riunificazione in cambio della rinuncia al Marco, abbondantemente compensata dall’introduzione erga omnes del rigore germanico sui conti pubblici, di cui i parametri capestro di Maastricht sono un fulgido esempio, come quel “3 per cento” uscito al pari di un serpente a sonagli dal cappello a cilindro dei consigliori dell’Eliseo, anche se Francia e Germania si sono ben guardate dal rispettarlo (vero presidente Macron?). Se voi comparate in lire il prezzo di un chilo di frutta oggi con quello del 2001 vi troverete di fronte a un aumento del 600 per cento. Vi svelo il trucco. A pochi mesi dall’inizio di gennaio del 2002 (cioè, dal “change-over”) fu immediatamente abbandonato il regime del doppio prezzo. Tutti sappiamo che, grazie a questa sottovalutazione, l’Istat iniziò da allora in poi a calcolare il valore dell’inflazione soltanto in... euro! Così nessuno, tranne i consumatori, si accorse del raddoppio letterale dei prezzi di “tutti” i beni, visto che chi aveva stock in magazzino li aveva ribattezzati in euro raddoppiando impunemente il loro prezzo precedente in lire, così come fece con le nuove merci! Dov’erano i media?

Ma non basta, cari Merkel-Macron. Il furto epocale avvenne attraverso la speculazione degli immobili: un appartamento valutato, a dicembre 2001 circa 400 milioni di lire, a luglio del 2002 veniva proposto impunemente al doppio per 400mila euro! Il paniere Istat non li registrò e non fece una piega! I grandi immobiliaristi raddoppiarono in un batter d’occhio il loro capitale senza muovere un dito! In pratica: chi nel 2001 aveva accumulato risparmi appena sufficienti per acquistare una casa da quattrocento milioni di lire, nel 2002 doveva disporre del doppio (400mila euro) solo a causa di un escamotage valutario! Le conseguenze sono ovvie: volendo acquistare lo stesso l’immobile, il potenziale acquirente si è dovuto indebitare per altri 200mila euro pagando il mutuo relativo il doppio del valore di prima. E dopo il 2008, cercando di rivenderla, aveva perso almeno un altro 30 per cento del valore iniziale! Quelle somme indebite sono così state sottratte al proprio reddito familiare e all’avvenire dei figli! Chi aveva uno stipendio fisso nel 2001 ne è uscito rovinato! I numeri fanno sociologia economica oggettiva, come si sa. Ovvero, noi siamo stati la Grecia quindici anni prima, con in casa una Troika mascherata. Quindi, assieme a tutti gli italiani, penserei che basti così!

Aggiornato il 17 luglio 2018 alle ore 11:59