Carceri: stop a decreto Orlando

Il Governo mette da parte e riscrive la riforma del sistema penitenziario firmata Andrea Orlando, quella che il precedente esecutivo aveva prima promosso e caldeggiato, poi messo a bagnomaria e stoppato sotto elezioni, quando non era utile approvare un testo, bollato dalla Lega come “salva-ladri”, che allargava le maglie dei benefici per i detenuti.

A urne chiuse, il 16 marzo, il Consiglio dei ministri ci riprovò e approvò il testo, senza modificare i punti più controversi su cui le Camere chiedevano interventi, ma accogliendo comunque alcuni emendamenti, il che rendeva necessario un altro passaggio in Parlamento e poi il ritorno in Cdm. Uno step, quest’ultimo, che si è consumato stasera, con la decisione di predisporre un nuovo testo da sottoporre al parere delle Camere e del Garante dei detenuti. “Ministero e Governo - ha detto il guardasigilli Alfonso Bonafede - stanno lavorando per migliorare la qualità della vita nelle carceri garantendo comunque la certezza della pena”, sottolinea”. “Abbiamo modificato il vecchio decreto, del vecchio Governo che ci ha preceduto - ha aggiunto - salvando tutto ciò che poteva essere salvato. Le commissioni di Camera e Senato avevano dato parere negativo. E nel pieno rispetto della centralità del Parlamento, abbiamo colto il messaggio. Adesso, in tempi brevi, le Camere avranno la possibilità di esprimersi sul nuovo testo”.

Quindi il precedente decreto legislativo che doveva attuare la riforma dell’ordinamento penitenziario sfuma e il Governo ha il tempo di riprendere in mano l’intera materia. Non tutto della precedente riforma verrà buttato via. In particolare la parte che riguarda l’incentivazione del lavoro dei detenuti rispecchia anche l’indirizzo espresso pubblicamente da Bonafede. Ma il fulcro del provvedimento Orlando era l’estensione dell’esecuzione penale esterna come alternativa al carcere. Ed è qui che bisogna attendersi le modifiche sostanziali.

Protesta il Partito Democratico. “Con la decisione di affossare il cuore della riforma dell’ordinamento penitenziario - afferma Walter Verini, responsabile Giustizia del Pd - il ministro Bonafede e il Governo danno un colpo non solo a norme di civiltà che puntavano a garantire certezza della pena e alla rieducazione per evitare che chi sconta la pena torni a delinquere. Ma mortificano anche e vanificano il lavoro di anni compiuto da associazioni di volontariato, docenti, esperti, mondo dell’avvocatura e della magistratura”.

Aggiornato il 03 agosto 2018 alle ore 18:23