Manovra, Tria braccato dai vertici del governo

Giovanni Tria è braccato dai vertici del governo gialloverde. Nelle ultime 36 ore è stato al centro della polemica sulla legge di Bilancio attaccato da Giuseppe Conte, e dei suoi vice. Il suo nome non è mai stato pronunciato, in verità, ma il trio ha di fatto smontato pezzo per pezzo il cuore dell’intervista che il ministro dell’Economia aveva rilasciato al Sole 24 Ore.

Il centro della questione è il seguente: se l’Iva non deve aumentare e gli 80 euro (voluti e introdotti da Renzi) non si toccano, serviranno i salti mortali al Mef per far quadrare i conti, visto che i leader delle due forze politiche che danno vita all’esecutivo pretendono di ottenere, da subito, in legge di Bilancio 2019, sia la flat tax che il reddito di cittadinanza.

Misure che valgono un bel po’ di miliardi, ai quali si dovranno aggiungere un altro bel gruzzolo se Lega e M5S volessero realizzare anche il superamento della legge Fornero. Anche se con modi cordiali, il ministro ha una discreta corazza difficile da scalfire. Ne sanno qualcosa pentastellati e leghisti che hanno a che fare con lui tutti i giorni. E se ne stanno accorgendo anche Di Maio e Salvini, costretti a fare tandem e spalleggiarsi per rintuzzare l’uomo del Mef. Chiedendo sponda anche al presidente del Consiglio.

Conte-Di Maio-Toninelli hanno testato la sua resistenza nell’ultimo vertice economico di Palazzo Chigi prima della pausa agostana. Al centro dell’incontro ovviamente c’era la manovra, nella quale gli hanno detto chiaro e tondo, a muso duro, che non vogliono assolutamente vedere né tagli né aumenti per finanziare i 3 pilastri dell’azione di governo gialloverde.

E se mancano le coperture, piuttosto metta mano alla giungla di bonus e detrazioni. O, meglio ancora, scenda anche lui a sfidare l’Europa per ottenere di ridiscutere il vincolo del 3%.

Aggiornato il 10 agosto 2018 alle ore 11:41