Corruzione: dal daspo alle misure per chi denuncia

Non ci sono solo daspo dagli appalti e agente sotto copertura nel ddl anti-corrotti a firma Alfonso Bonafede. Il ministero sta lavorando sul testo, ancora suscettibile di modifiche. Ma l’impianto generale dei 6 articoli si desume da una bozza visionata dall’Ansa, in cui si prevede tra l’altro la non punibilità per chi denuncia tempestivamente e collabora e la possibilità di procedere d’ufficio nella corruzione tra privati.

DASPO - Viene introdotto un divieto “perpetuo” a partecipare agli appalti pubblici, per chi ha condanne superiori a due anni. Sotto i due anni, il divieto è di un quinquennio. Lunga la lista dei reati per cui si rischia il daspo: malversazione aggravata dal danno patrimoniale di rilevante gravità, corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione propria aggravata dal fatto di avere ad oggetto il conferimento di pubblici impieghi, istigazione alla corruzione, peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, traffico di influenze illecite, abuso d’ufficio aggravato dal vantaggio o dal danno di rilevante gravità.

RIABILITAZIONE NON ESTINGUE DASPO - Nella bozza si legge inoltre che “la riabilitazione non estingue la pena accessoria”, cioè non fa venire meno né l’interdizione dai pubblici uffici, né il divieto a fare appalti con la Pa. Sulla stessa linea, per i destinatari di daspo perpetuo viene modificato anche l’ordinamento penitenziario nella parte relativa all’affidamento in prova ai servizi sociali, il cui esito positivo non si riflette sul daspo, estinguendolo. Cambia anche l’art. 166 del codice penale sulla sospensione condizionale della pena: il giudice può disporre che non estenda i suoi effetti su interdizione dai pubblici uffici e daspo.

PENE PIÙ ALTE - Aumentano le pene per il reato di corruzione per l’esercizio della funzione: oggi il pubblico ufficiale che, per l’esercizio delle sue funzioni riceva indebitamente denaro o altre utilità rischia da uno a 6 anni, con la riforma Bonafede da 3 a 8 anni. Anche la riparazione pecuniaria a favore della pubblica amministrazione dopo sentenze per reati di corruzione, che ora è “pari all’ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio”, cambia: la riforma prevede che sia “determinata in relazione alla gravità dell’offesa e comunque non inferiore a euro 10.000”. Aumentano le pene per il traffico di influenze illecite, che ora vanno da uno a tre anni e vengono innalzate fino a 5 anni di reclusione.

NON PUNIBILE CHI DENUNCIA IN TEMPO - Sono previste delle cause di non punibilità per chi prima di essere indagato o “entro tre mesi dalla commissione del fatto, lo denuncia spontaneamente e fornisce indicazioni utili per assicurare la prova del reato e per individuare gli altri responsabili”. E per il pubblico ufficiale questo vale a patto che metta disposizione utilità o denaro percepiti e fornisca elementi utili a individuarne il beneficiario effettivo.

CORRUZIONE TRA PRIVATI, SI PROCEDE D’UFFICIO - Il ddl interviene anche sul codice civile e la corruzione tra privati, prevedendo la procedibilità d’ufficio: viene infatti abrogata la norma che stabiliva che “si procede a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi”. Lo stesso vale anche per l’istigazione alla corruzione tra privati.

AGENTE SOTTO COPERTURA - L’agente sotto copertura - già previsto nelle attività di indagine contro la criminalità organizzata, il traffico di droga e il terrorismo - viene esteso anche al contrasto dei reati di corruzione e contro la Pa.

Aggiornato il 05 settembre 2018 alle ore 13:20