La Lega della Giustizia

Un aforisma, un commento - “Il moralismo, da La Rochefoucauld a La Fontaine, ha costituito sicuramente una tradizione letteraria di qualche importanza. Attualmente, esso consiste in una sorta di sport che attende di essere ammesso alle Olimpiadi. E, si sa, alle Olimpiadi ora si vince e ora si perde”.

Per parlare di processi e di sentenze occorre decidere innanzitutto a quale livello porsi. Infatti la cosa è possibile a un livello tecnico e, per farlo, sarebbe necessario essere giuristi; a livello di senso comune, come si fa nei bar, magari motivati da simpatie e antipatie; oppure, come cercherò di fare qui, ponendosi su un piano puramente razionale e logico senza però assumere posizioni che, sul piano giuridico, potrebbero rivelarsi infondate.
Matteo Salvini, attualmente, è al centro di due vicende giudiziarie del tutto diverse. Quella della nave Ubaldo Diciotti e quella della restituzione di 49 milioni di euro che, secondo la sentenza, la Lega avrebbe incassato attraverso modalità truffaldine. Il caso della Diciotti, probabilmente, finirà nel nulla poiché l’ordine emanato dal Ministro degli Interni potrà essere giustificato in mille modi: esigenze generiche di sicurezza, di verifiche igienico-sanitarie, e così via. Il caso, invece, della restituzione dei 49 milioni si pone in una prospettiva diversa a seconda che la requisizione di tale cifra sia da ritenersi un atto discrezionale oppure dovuto.

Se si trattasse di un atto discrezionale allora esso dovrebbe certamente tenere conto della “questione democratica”, ossia dell’opportunità che, fino al possibile giudizio finale della Cassazione, il partito, oltretutto rinnovato, possa continuare la propria attività e a godere dei piccoli o meno piccoli contributi finanziari degli iscritti e dei simpatizzanti. Tale forma di saggezza non sarebbe peraltro da mettersi in relazione, come si legge in questi giorni, alla grossa percentuale di voti potenziali che i sondaggi attribuiscono alla Lega perché dovrebbe essere esercitata per qualsiasi partito nelle stesse condizioni. La saggezza al riguardo, in altri termini, non si può certo pensare come funzione della quantità di voti. Se, invece, si trattasse di un atto dovuto nonostante la sentenza sia solo di primo grado, allora c’è poco da fare e la somma va restituita requisendo ogni disponibilità finanziaria detenuta dal partito. Appare infatti chiaro che, a restituire i fondi statali, dovrebbe provvedere la “ragione sociale”, cioè la Lega, che li ha ricevuti e non gli autori della malversazione, condannati per le loro responsabilità dirette e sui quali il partito potrebbe eventualmente rivalersi in altra sede.

Il richiamo al fatto che i dirigenti di oggi sono diversi da quelli di allora non appare pienamente razionale poiché, come detto sopra, a rispondere in solido è chiamata la Lega come organizzazione. Se una grossa azienda venisse giudicata responsabile di frode essa verrebbe multata in quanto tale e la multa dovrebbe essere pagata anche se i top manager nel frattempo fossero cambiati, e con danari provenienti, ovviamente, anche dai ricavi futuri. Anche qui le conseguenze potrebbero essere drammatiche e potrebbero persino implicare il rischio di chiusura dell’azienda con relativa perdita del posto di lavoro da parte di migliaia di dipendenti. D’altra parte, il principio socratico dura lex sed lex dovrebbe essere messo da parte consentendo ai magistrati di “chiudere un occhio” e di non procedere in ragione di valutazioni circa la rilevanza delle conseguenze sociali o, nel caso della Lega, elettorali e democratiche di una condanna? Una simile tesi andrebbe accuratamente discussa ma, in linea di principio, si presenta piena di rischi per uno Stato liberale di diritto.
La menomazione del partito, nel caso la requisizione sia atto dovuto, appare certamente elevata e ciò può comprensibilmente alimentare interpretazioni di varia natura, ma ciò non toglie che se il reato è stato rilevato e se la requisizione fosse atto dovuto essa non potrebbe essere sospesa per ragioni extra-giuridiche perché, se così fosse, i giudici incapperebbero a loro volta in un reato. Vedremo nelle prossime settimane in quale delle due situazioni giuridiche si sta muovendo la magistratura. Se essa, nella fattispecie, potrà prendere decisioni discrezionali oppure non avrà alternative. È semmai incomprensibile perché gli attuali dirigenti non abbiano dichiarato il partito “parte lesa” nella vicenda

Il resto è comprensibile polemica politica. Ivi inclusa l’analogia che alcuni pongono con le vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi. Trascurando però il fatto che, Berlusconi, è sopravvissuto a quasi tutti i processi - comunque scontando la pena per uno di essi - vuoi perché assolto vuoi per prescrizione, un principio sacrosanto che impedisce ai processi di trascinarsi per decenni senza che l’accusa riesca a definire prove inconfutabili e tenendo così su una ingiusta graticola l’imputato, magari per fini politici.
Dunque, in bocca al lupo per Salvini, il quale ha sicuramente diritto di proclamare la propria innocenza per il caso della Diciotti e di protestare per la vicenda dei 49 milioni, ma, se la requisizione fosse atto dovuto, senza argomenti per evitarla. In ogni caso, invece di tanti gesti e pronunciamenti roboanti, quando qualcuno gli ricorda ironicamente la denuncia moralistica della sua vecchia Lega “Roma ladrona”, dovrebbe più elegantemente limitarsi a dire: touché.

Aggiornato il 11 settembre 2018 alle ore 17:01