M5S-Lega: né Hegel né Gentile

Molto stimato Direttore,

il commissario Ue, Pierre Moscovici nel dire di vedere in Italia tanti piccoli Mussolini, ha applicato una categoria interpretativa vecchia e deformata da un paradigma ideologico. Un’affermazione alla Fiano, per intenderci. Nel Suo editoriale sull’argomento, Lei riconosce un “pizzico di ragione” a Pierre Moscovici, non tanto per il riferimento a un impossibile ritorno del fascismo, ma per la tendenza degli attuali politici di governo a porre lo Stato al centro della scena, sia politica che economica.

In questo Lei vede una riproposizione di marca mussoliniana soprattutto da parte del Movimento 5 Stelle e del suo massimo esponente al governo. Lo definisce “mussolinismo inconsapevole” attribuendo a Luigi Di Maio la piena condivisione della tesi mussoliniana: “Tutto nello Stato, niente al di fuori dello Stato, nulla contro lo Stato”. Chiude il suo editoriale affermando che lo “statalismo autoritario” ovunque applicato ha prodotto solo fallimenti.

Al Suo è seguito l’editoriale di Cristofaro Sola che bolla, forse a ragione, come un atto di generosa clemenza da parte Sua il tentativo di nobilitare l’insulto del commissario europeo e suggerisce un dotto “aggiustamento di tiro” interpretativo sulla questione della centralità dello Stato e attribuisce a Di Maio un’ispirazione - sia pure inconsapevole - di stampo gentiliano: lo Stato etico con tutte le sue implicazioni anche economiche, mettendo in guardia il lettore sullo sbocco ultimo della visione di Gentile: la forma totalitaria. Trova infine delle assonanze tra la visione gentiliana di parte dei Cinque Stelle e quella organicistica di Matteo Salvini, non mancando di evidenziare la stridente contraddizione insita nella collocazione della Lega in un centrodestra che affonda le sue radici nel riformismo liberale.

Analisi entrambe colte e acute che, tuttavia, hanno destato in me un qualche disappunto. Credo che Lega e 5 Stelle siano formazioni figlie della modernità e del pragmatismo estremo da cui questa è connotata. Una modernità post-ideologica, narcisista, opportunista, utilitarista, liquida, nella quale le forze politiche si adattano al quotidiano, assumendo profili variabili in funzione delle circostanze, dei fatti e dei problemi.

Non riesco a scorgere né Hegel né Gentile nelle prese di posizione di Salvini e Di Maio. Neanche nella messa al centro dello Stato che, per loro, altro non è che il principale strumento politico e di potere per raggiungere determinati obiettivi. Che poi si possa ipotizzare che lo Stato sia in grado, in certe circostanze ed a certe condizioni, di essere più efficace ed efficiente di un privato nessuno scandalo. È possibile, basta guardarsi intorno - senza scomodare il fascismo che pur rese efficiente l’azione statale - basta osservare la Cina. Un Paese che, al di là dei giudizi politici con lenti occidentali, si propone come modello di efficienza in tutti i settori d’impulso statale, dall’istruzione alla ricerca, dalle infrastrutture all’innovazione, dalla difesa alle politiche internazionali. A sentir loro hanno realizzato il comunismo meritocratico.

Aggiornato il 19 settembre 2018 alle ore 14:24