Brexit: Ue chiede a Gb 2,7 miliardi di dazi non versati

Se c’è una lezione che gli inglesi ancora non hanno imparato dall’esperienza “Brexit” è quella di non far irritare troppo i burocrati europei. Perché se la Commissione europea, per definizione, è una risultanza di sintesi diplomatiche, procedurali e (talvolta) anche economiche nella politica europea di tutti i giorni, nell’attuale fase negoziale potrebbe non esserselo più.

Sembra averlo capito bene l’establishment del partito laburista inglese, un po’ meno gli attivisti conservatori, per nulla la prima ministra britannica Theresa May. Così, ad incrementare un quadro già di per sé complesso sulla fuoriuscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, arrivano le dichiarazioni della stessa May: “meglio un no deal d’un cattivo accordo”. Da qui, alla controffensiva della Commissione europea, il passo è breve, anzi brevissimo.

L’Istituzione europea, presieduta da Jean-Claude Juncker, ha infatti chiesto alla Gran Bretagna di mettere a disposizione del bilancio comunitario 2,7 miliardi di euro di dazi doganali non riscossi tra il 2011 e il 2017 e dunque non versati all’Ue. La decisione, assunta su proposta del commissario europeo per il bilancio Günther Oettinger, ha dato così ulteriore riprova che l’Unione è attenta a proteggere i propri interessi. La richiesta, inoltre, è stata inviata con un parere motivato, prima del deferimento del Regno Unito davanti alla Corte di giustizia dell’Ue.

Nello specifico, secondo quanto emerso da una relazione dell’Olaf (l’Ufficio antifrode dell’Ue) del 2017, alcuni importatori del Regno Unito avrebbero evaso dazi doganali per un importo di diverse centinaia di milioni di euro avvalendosi di false fatture nonché di dichiarazioni doganali inesatte presentate al momento dell’importazione. La Commissione, quindi, ha calcolato che la violazione della legislazione dell’Ue da parte del Regno Unito avrebbe comportato perdite per il bilancio dell’UE pari a 2,7 miliardi di euro durante il periodo compreso tra novembre 2011 e dicembre 2017. Un importo considerevole se si tiene conto soprattutto dei saldi commerciali. In più, il governo inglese avrebbe violato la legislazione dell’Ue anche in materia di imposta sul valore aggiunto, con ulteriori perdite potenziali per il bilancio comunitario.

Insomma, un braccio di ferro che molto probabilmente durerà fino al 30 novembre prossimo, termine entro cui Londra dovrebbe raggiungere l’intesa con la Ue. Nel frattempo, gli sforzi dovranno concentrarsi soprattutto nel trovare una mediazione tra due aspetti di non poco conto: se mantenere il Regno Unito nel mercato unico europeo, tipo la Norvegia, oppure considerare un accordo di libero scambio simile a quello con il Canada (il Ceta).

A questo punto qualsiasi previsione risulta astratta, teorica e per certi versi anche azzardata. Vedremo. Ciò nonostante, il segretario alla Brexit Dominic Raab si è detto fiducioso, confermando che alla fine un accordo tra Londra e Bruxelles verrà trovato. Sì, lo pensiamo anche noi europei. Ma il prezzo di questo divorzio quanto inciderà sul futuro dell’Europa?

Aggiornato il 25 settembre 2018 alle ore 15:32