Ciampi, i foreign fighters e il burqa

Fermare una sacrosanta legge anti burqa presentata, tra gli altri, dall’allora deputata del Pdl Souad Sbai solo perché una bella pletora di estremisti islamici – alcuni dei quali sarebbero diventati futuri foreign fighters pro Isis – avevano rivolto un appello all’ex presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, in tal senso?

È quanto accadde nel 2011 nel Parlamento italiano. E oggi possiamo dirlo – con il senno di poi, andandoci a rileggere le firme di quel pensoso appello sottoscritto da quella che allora si credeva essere una sorta di intellighentsja dell’Islam italiano – che stoppare quella legge in nome di un malinteso senso del politically e islamically correct fu un grave errore. Basta leggersi chi erano i firmatari. Il primo nome che spicca, a metà della lista è quello di Ibrahim Giuliano Delnevo, studente di Genova. Il primo italiano morto in Siria ad Aleppo il 12 giugno 2013. Un ragazzo con una storia molto complessa alle spalle e la cui vita è precipitata dopo la conversione all’islam. Ma non c’è solo Delnevo nel 2011 a firmare quella lettera che fermerà la proposta di legge della Sbai. Poche righe più sotto troviamo anche quella di Maria Giulia Sergio, nome di battaglia Fatima, la donna che convinse l’intera sua famiglia a convertirsi all’islam estremista e che una volta partita per la jihad nello stato islamico tentò anche di assoldare, se così si può dire, tutti i suoi parenti. Le conversazioni vennero intercettate dalla Digos e tutti finirono arrestati. Ma così questa singolare storia divenne di dominio pubblico. Di Fatima si persero poi le tracce sebbene in Italia fosse stata condannata in contumacia a nove anni di reclusione. Nel febbraio 2017 arrivò la notizia che sarebbe morta in Siria combattendo per lo stato islamico, ma finora della cosa non vi è stata una prova certa. Lo disse semplicemente la sorella in un’udienza del processo in cui lei stessa era imputata e prese 5 anni e 4 mesi di reclusione. Viene da chiedersi perché mai Ciampi all’epoca prese sul serio un appello firmato da gente così screditata che diceva di parlare a nome dell’islam italiano ma che in realtà parlava solo per se stessa e già meditava scelte estreme.

Vale forse la pena di rileggere qualche passo della stessa missiva per capire: “Egregio Senatore, ci rivolgiamo a Lei, in vista del prossimo vaglio da parte del Senato della Repubblica delle proposte di legge in oggetto. Come donne e come musulmane, speriamo che Lei si faccia portavoce delle nostre istanze, poiché, nonostante siamo le destinatarie, o per meglio dire le vittime, delle proposte di legge anti-niqab, non abbiamo avuto mai la possibilità di essere ascoltate e ci vediamo costrette ad essere rappresentate da persone prive delle competenze necessarie e tutto fuorché rappresentative delle comunità islamiche italiane, non avendo alcun titolo, né teologico né giurisprudenziale, per poter parlare a nome dei musulmani. Lei in passato già prese a cuore il caso di una nostra sorella che venne multata per via del suo velo, dunque speriamo che voglia darci la possibilità di far sentire la nostra voce.

L’argomentazione con cui chiesero a Ciampi di farsi portavoce dell’Islam fondamentalista era questa: “La ‘Sbai-Contento’ poggia su basi discriminatorie, infatti chiede chiaramente che siano vietati gli ‘indumenti delle donne musulmane’. Come può essere applicabile? È incompatibile con l'articolo 3 della Costituzione Italiana. Anche alcune ebree ortodosse indossano un velo che copre il viso, eppure le sole ad essere colpite dal divieto saremmo noi. È dunque di nuovo il tempo di leggi ad hoc per questa o quella comunità razziale o religiosa? Ogni secolo deve avere le sue? La ‘Mantini-Tassone’ fa invece di peggio. Attraverso l’audizione di personaggi assolutamente ignoti alla maggioranza dei musulmani italiani, senza alcun titolo teologico o giurisprudenziale islamico, alcuni addirittura appartenenti o rappresentanti di associazioni laiche, affermano l’esatto contrario di ciò che l’Islam prescrive circa l’uso dell’abbigliamento femminile (hijab) e dell’uso del velo che copre il volto (niqab)! Quando io e le mie sorelle musulmane abbiamo letto il resoconto delle audizioni, siamo rimaste allibit... Nessun teologo, nessun sapiente, nessun giurista musulmano crederebbe mai che quelle dichiarazioni possano essere uscite dalla bocca di qualcuno che si dichiara musulmano.

Rileggere oggi queste parole – con la consapevolezza degli eventi che poi si verificarono, che include la morte di alcune di queste sorelle nella guerra da loro combattuta insieme all’Isis contro il resto del mondo – fa una certa impressione. E può servire da monito per chi in Parlamento o nelle istituzioni si fa influenzare troppo facilmente da istanze e lettere aperte. Adesso sappiamo che esiste anche un “populismo islamico”. Che si aggiunge al terrorismo che ha lo stesso aggettivo.

Aggiornato il 03 ottobre 2018 alle ore 13:58