Egoismo elettorale e nulla più

Un colpo al futuro del Paese e dei giovani. Questo e nulla più sarà il risultato della scriteriatezza sul reddito di cittadinanza, una logica di scambio elettorale vecchia come il cucco, altro che cambiamento.

Quando negli anni Settanta Democrazia cristiana e Partito comunista votarono le baby pensioni, gli scivoli di favore a pezzi dello Stato, sussidi a gogo e tutti i privilegi padri delle pensioni d’oro, fecero come voi caro Luigi Di Maio; fecero festa in nome del successo e della giustizia sociale. Per il Pci la scena del balcone era consueta, da quello di Botteghe Oscure si affacciarono tutti, era un classico del “populismo di allora”, insomma si faceva festa al risultato elettorale e parlamentare.

Insomma, allora come ora, pur di assicurarsi il consenso, il cattocomunismo approvò la gran parte delle leggi che hanno portato alla Fornero, alle pensioni d’oro, ai privilegi, ai cosiddetti diritti acquisiti, che proprio voi, ministro Di Maio, attaccate tanto. Ecco perché viene il sorriso, seppure amaro, a vedervi festeggiare il reddito di cittadinanza, un provvedimento sbagliato che colpirà il futuro e tanto.

Che festa sarebbe, caro Di Maio? Quella sul consenso garantito o quella dei soldi spesi bene? Guardi che Keynes per una cosa così vi boccerebbe in tronco, stia sicuro.

Fare debito in cambio d’assistenza è uno sbaglio strategico per definizione, un orpello che da noi non serve a niente, tranne che a metterci nei guai. Fra qualche anno, infatti, quando capiremo il danno, capiremo che è stato il regno dei furbetti, che il Sud sta sempre dietro, che lo sviluppo non c’è stato, e che il vostro reddito sarà” diritto acquisito”, esattamente come accaduto in passato.

Il Paese, caro Di Maio, ha bisogno di libertà piuttosto che sussidi, libertà economica, libertà d’impresa, ha bisogno di credito all’idea, di una autostrada all’iniziativa, poche tasse sulla produzione, ogni tipo di stimolo allo sviluppo. Ha bisogno di una giustizia rapida e moderna, della riforma della magistratura, di una Stato minimo e presente dove serve, non dove conviene a questo o quel partito.

Caro Di Maio, la legge Fornero è arrivata mica per caso, non è stata la vita più lunga a determinarla, è arrivata per gli sbagli del passato, per l’assistenzialismo regalato, per l’uso clientelare del welfare, ecco perché i conti sono saltati. Creda ministro, il reddito è un furto del futuro, un’illusione sulle spalle del Paese, diventerà il regno dei furbetti, dei ricorsi sul diritto, della ricerca di lavoro nero, della spinta, insomma, al fin che dura fa verdura. Finirà così purtroppo, ma ne riparleremo, o meglio ne riparleranno i giovani con lei e non saranno felici creda a noi.

Aggiornato il 17 ottobre 2018 alle ore 10:48