Dare inizio alla nuova Europa

L’Italia paga ogni anno sessantacinque miliardi di interessi sul debito. Cifra destinata a salire quando si scredita la stabilità e la capacità economica del Paese da parte di commissari europei ed agenzie di rating (private ed in totale conflitto di interesse) in malafede. Come rimettere in ordine il tutto? L’unico modo oggi per fare sopravvivere l’Europa e l’euro è ricontrattare e rimodulare questa Europa. Materialmente, oggi, cominciando con il minacciare di mettere financo il veto italiano sullo stesso bilancio europeo, ove non si sleghi del tutto l’attività della Banca centrale europea dal giudizio e dalla valutazione delle agenzie, che non hanno nessuna valenza ed autorità, nessuna legittimazione europea. La Bce deve, da statuto, potere intervenire e garantire gli Stati membri con garanzie sui loro titoli del debito pubblico, oltre che poterli acquistare, così come è stato fatto già con l’operazione Quantitative easing. Dunque, è necessario modificare lo statuto della Bce. Si ricordi che il debito pubblico, ad esempio italiano, è assolutamente solvibile e non c’è alcun rischio di default. Così come non sussiste nessun rischio di non denominazione in euro, che è e rimane la moneta unica degli Stati membri europei e dei loro debiti pubblici.

Ciò che è essenziale vada cambiato e riformato con la nascita della nuova Europa, cioè in occasione delle prossime elezioni europee di marzo 2019.

  1. Il ridimensionamento della soglia in eccesso del 60 per cento dei debiti sul Pil.
  2. Allo stesso tempo va introdotto un parametro di stabilità del deficit di bilancio pubblico che non sia fisso ma che cresca al massimo come il Pil dello Stato membro, per evitare che si formi un nuovo rapporto oltre la percentuale del 60 per cento.

In sostanza, per mantenere in equilibrio finanziario gli Stati membri della nuova Europa, è fondamentale che si possa aumentare il debito percentualmente solo in maniera minore del valore aggiunto che produce. Oggi siamo tutti costretti, in questa Europa che ha deviato in maniera volutamente erronea l’interpretazione dei Trattati, dentro parametri considerati e “letti” in maniera immutabile e fissa, ed entro cui gli Stati membri scoppiano. Gli attuali parametri considerati e “rifilatici” come fissi europei, erroneamente “letti” come immutabili, sono stati sostituiti, sbagliando, alle autonome politiche economiche responsabili di ciascuno Stato membro, rendendo impossibile la crescita e la possibilità di soddisfare a pieno le esigenze e le qualità delle singole economie di ciascuno Stato membro, soffocate e soffocandole come con un nodo scorsoio.

Gli eccessi dei debiti pubblici sono stati per di più usati, così come tuttora vengono usati ad esempio contro l’Italia, per piegare e sottomettere i Paesi aventi alti debiti pubblici, rendendo loro impossibile qualsivoglia manovrabilità e possibilità di ripresa economica, e di crescita. A ciò, l’attuale Europa franco-tedesca ha imposto e ciecamente applicato, quale “cura” nefasta, quella dell’austerità cioè la politica deflazionistica di Jean-Claude Juncker e compagni, tarpando le ali definitivamente ai Paesi che l’hanno subita e che non si sono saputi opporre, così come invece stiamo facendo tuttora in Italia, a qualsivoglia crescita e possibilità di crescita per le generazioni presenti e future. I debiti pubblici di uno Stato membro, è chiaro, non devono gravare sugli altri Stati membri, ma ciascuno deve però potere essere in grado di potere soddisfare i propri bisogni, gestendo la propria autonoma politica economica, mentre a livello europeo i debiti degli Stati membri, di tutti gli Stati membri, devono essere protetti dagli attacchi speculativi. Soprattutto, quando provenienti e nascenti proprio a causa della politica europea.

Gli Stati membri devono potere crescere grazie e con la nuova Europa. Non si cresce con regole male interpretate con dolo ed attuate scorrettamente. Non si cresce, né l’Europa può esistere con politiche errate e contro la crescita degli Stati membri. Si ricontratti e rimoduli questa Europa sbagliata per la sopravvivenza stessa dell’Europa e per la nascita ed esistenza di quella nuova, la nuova Europa della crescita e del benessere collettivo comune.

Aggiornato il 25 ottobre 2018 alle ore 16:35