E noi paghiamo

E io pago, diceva Totò, eppure a rispondergli bisognerebbe chiamare quell’immenso suo collega e conterraneo, Eduardo, che direbbe: “Non ti pago!”.

La finanziaria ancora non è niente, è in continua manipolazione, più che legge è ancora in bozza, eppure stiamo già pagando un’eresia, una barca di miliardi andati al vento. Borse, spread, prestiti, affidamenti e rating; insomma, da quando circola il pataracchio della “stabilità”, quello soprattutto voluto dai grillini, stiamo perdendo soldi e affidabilità.

Ecco perché ci spiace, e tanto, che Matteo Salvini non si accorga ancora del fallimento di una alleanza scellerata che porta guai e nulla più. In quattro mesi hanno finito di spaccare tutto, il nord dal sud, i giovani dagli anziani, i risparmiatori dagli investitori, alla faccia del cambiamento. Qui non si tratta di essere contro, di essere per l’austerità sui conti, a favore dell’Europa o meno, chi ci legge sa bene cosa pensiamo, si tratta di capacità e di sale in zucca, di realpolitik, si tratta di capire le esigenze del Paese.

Del resto come non vedere il troppo Stato, l’apparato pubblico goffo e inefficiente, il groviglio scellerato di burocrazia, l’infinità di leggi inutili, antagoniste e a tutela dello Stato anziché del cittadino. Come non capire che la “Fornero” non cambia con la quota 100, non risolve il problema vero, quello di chi sta senza niente e passati i 60 anni non può andare in pensione, campa sul nero o sulle spalle di famiglia, in attesa di arrivare a 67.

Parliamo di anni nella terra di nessuno, di anni passati ad aspettare la” vecchiaia”, dopo averne versati di contribuzione molto più di 20, parliamo di gente che con una giusta riduzione potrebbe trovare serenità e soluzione. E ancora, come non capire la difficoltà al credito, al finanziamento, oppure quella di un enorme piano infrastrutturale, di interventi per il sud, con tutto il rispetto e la simpatia, Danilo Toninelli ai Lavori pubblici dimostra che non si è capito niente.

Ecco perché paghiamo e pagheremo, al Paese serve la scintilla, il lampo, serve il tuono di un motore liberato dai freni, dai vincoli, dagli uffici nati ad hoc per dare stipendi e basta, dall’avidità fiscale, dalla nullafacenza statale. Insomma, essere o non essere? Un Paese rovinato dal cattocomunismo si può salvare col veterocomunismo dei grillini? fate voi, per noi è chiaro, più che Shakespeare servirebbe Dostoevskij, leggerne un po’ per farsene l’idea.

Aggiornato il 29 ottobre 2018 alle ore 12:12