Pd, la stagione del segretario-candidato premier è finita

giovedì 8 novembre 2018


Il nuovo segretario del Pd non sarà designato premier. È la svolta del partito, in vista del prossimo congresso di febbraio. Lo deciderà la commissione statuto del partito, che si riunisce oggi alle 15. La decisione sarà votata nella prossima Assemblea dei mille delegati il 17 novembre. In quella occasione, prenderà il via ufficialmente la fase congressuale. Dopo Walter Veltroni, Pierluigi Bersani e Matteo Renzi, il nuovo leader eletto con le primarie non sarà, automaticamente, candidato a Palazzo Chigi. Alla corsa per la segreteria corrono, com’è noto, il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, il deputato Francesco Boccia, il senatore Matteo Richetti. Devono ancora sciogliere la riserva l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti e il segretario uscente Maurizio Martina. La regola dell’accoppiata segretario-premier, con tutta evidenza, mal si adatta alla storia della sinistra italiana. Ma c’è di più. Il partito è ancora frastornato dopo la batosta rimediata alle elezioni del 4 marzo. E, otto mesi dopo, non si è ancora messo alle spalle la controversa stagione del renzismo. Non ha neppure iniziato ad interrogarsi sulle ragioni della disfatta. Il Pd ha operato una vera e propria “rimozione”.

Arturo Parisi, uno dei padri fondatori del Pd, sostiene che “tutto è enormemente cambiato”. Le primarie per il segretario, di cui è stato l’ideatore, hanno svolto “una funzione fondativa del partito”. Ma Parisi non condivide il metodo per abolire il doppio “incarico”. “Se si riduce – sostiene – a un cambiamento da approvare in modo affrettato in una assemblea, lo considero il modo peggiore per chiudere e sancire la perdita di progettualità che ha portato il partito dalla sconfitta del 4 di dicembre di due anni fa a quella del 4 marzo scorso, attraverso il ritorno al proporzionale corretto introdotto con il Rosatellum”. L’ex ministro della Difesa è convinto che, “dal punto di vista formale, la procedura non sia difendibile. Non si sceglie così l’assetto politico del Paese e, dentro questo, il ruolo che il partito deve svolgere. Questa è una scelta di natura costituente”.


di Mino Tebaldi