Siamo ultimi e non siamo beati

venerdì 9 novembre 2018


Non siamo una delle tre Pizie di Plutarco, che a Delfi vedevano il futuro. Eppure, insieme a tanti l’avevamo previsto. Rallentiamo e siamo ultimi in Europa. Ultimi ma non beati. Perfino in Grecia, dove Tsipras vuole abolire il cristianesimo, come religione di Stato, crescono il doppio di noi. Sia chiaro: il male viene da lontano. I cinque anni da Letta, a Renzi, a Gentiloni, hanno lasciato il segno. Sperperi, bonus e miliardi bruciati per l’immigrazione, sciocchezze su sciocchezze, insomma. Infatti, se i cattocomunisti, caviale e champagne, in questi anni, avessero fatto bene, anziché pensare a “Mare nostrum”, agli 80 euro, a salvare le banche senza migliorare l’accesso al credito per tutti, la fase espansiva sarebbe stata ben altra. Eppure, va di male in peggio. Perché da marzo, dopo l’exploit dei grillini finiti al governo per grazia ricevuta, la situazione purtroppo è peggiorata. Lo spread è raddoppiato. È iniziata la fuga dei capitali, lo stop degli investimenti e la frenata dell’occupazione, dopo “l’idiozia” del decreto dignità. Come se non bastasse, sempre grazie alla genialità grillina, una finanziaria assistenziale da socialismo reale, basata sul reddito di cittadinanza e sui regali elettorali, ha dato il colpo di grazia alla fiducia.

Ecco perché l’Unione europea ci ha messi in mora, sotto avvertimento. Con questa finanziaria cresceremo poco o niente, sballeremo i conti e non andremo avanti, appesantiremo il debito e sforeremo oltre i limiti previsti. Del resto, lo sappiamo. Quando l’incapacità grillina prende il sopravvento, peggio, prende il governo, la situazione precipita. Roma docet. Che succederà, ci si domanda in giro? Accadrà che, progressivamente, i costi dello spread si trasmetteranno all’economia reale, pagheremo tanto e pagheremo tutti, il prezzo della scriteriata scelta del “reddito” grillino. Insomma, il 2019 si affaccia male. Più debito, più interessi al suo servizio, più costi di finanziamento, meno credito, meno occupazione, meno consumo e meno produzione. Tradotto, il Pil si ferma oppure frena. Un capolavoro, quello del governo Conte, altroché “Sorrisi e canzoni”, come la rivista più amata dagli italiani. Staremo peggio e torneremo indietro, ancora una volta tempo e denaro sperperato. L’assistenzialismo fine a sé stesso, specialmente da noi e lo sappiamo, non funziona, non crea lavoro e non genera sviluppo, al massimo diventa il regno dei furbetti e di chi sa nascondersi nel nero. Non resta che aspettare maggio 2019, auspicare la vittoria della Lega e del centrodestra, per ribaltare il tavolo e per tornare al voto. Insomma, per riprendere il cammino come si deve, soprattutto come si doveva, Quirinale a parte.


di Alfredo Mosca