Decreto Genova è legge: polemica per il pugno chiuso di Toninelli

Il decreto per Genova è diventato legge. Il Senato ha detto “sì”: 167 i favorevoli, 49 i contrari e 53 astenuti. Oltre ai leghisti e ai pentastellati, il testo ha ricevuto il sostegno di Fratelli d’Italia e delle Autonomie. Il decreto contiene disposizioni sull’emergenza di Genova dopo il crollo del ponte Morandi avvenuto lo scorso 14 agosto. In quella tragedia sono morte 43 persone. Nel testo sono previsti dei provvedimenti per la sicurezza delle infrastrutture e misure urgenti legate ai terremoti di Ischia e del centro Italia. È incluso anche il condono per le case abusive nell’isola campana, bocciato in commissione dopo il voto contrario di alcuni dissidenti 5 Stelle. “Il mio intervento – ha detto il ministro dei Trasporti del M5s Danilo Toninelli – è solo per portare il ringraziamento a tutti i deputati per aver lavorato giorno e notte in queste settimane su un provvedimento che stanzia 300 milioni di euro per Genova e i genovesi, e chi oggi ha gioito l’ha fatto per i cittadini di Genova e per le 266 famiglie che hanno perso casa e che da domani avranno soldi stanziati per comprare finalmente una nuova abitazione”. Dopo l’approvazione del decreto, in Aula si è scatenata la bagarre, perché Toninelli ha gioito con il pugno chiuso.

La presidente del Senato Elisabetta Casellati ha censurato “l’esultanza”, ritenendola “non molto commendevole”. “Avrei immaginato che oggi fosse davvero una giornata diversa – ha detto la stessa presidente alla conclusione del voto – che ci fosse un’aula diversa perché pesano su tutti i 43 morti, su tutte le coscienze”. La Casellati ha chiosato: “Se il ministro non è interessato ad ascoltare le dichiarazioni di voto non possiamo fare nulla. Ministro, la pregherei di dare attenzione alle dichiarazioni di voto perché mi dicono che lei è sempre al telefono”.

La capogruppo di Forza Italia Anna Maria Bernini ha lanciato accuse contro i grillini: “Li abbiamo visti sbeffeggiarci – ha detto – noi non gli chiediamo di condividere quello che diciamo, ma almeno di ascoltare. Noi non accettiamo lezioni”. La senatrice forzista ha contestato duramente il ministro per “aver sollevato il pugno durante la votazione, parlato al telefonino e masticato la gomma americana durante le dichiarazioni di voto. Non le permetteremo più di venire in quest’aula agitando i pugni”.

Frattanto, è giallo sul mancato voto del dissidente M5s Gregorio De Falco. Il senatore non era in Aula quando il decreto è andato in votazione. De Falco si è detto sorpresa dell’avvenuta votazione: “Hanno votato? Ma la seduta non era sospesa?”, avrebbe affermato correndo verso l’Aula. Secondo altre agenzie sarebbe stata un’uscita volontaria. “C’erano cose che condividevo e altre che non condividevo, per questo ho scelto di astenermi”, avrebbe detto ad alcuni giornalisti. Ma subito dopo il voto ha dichiarato: “È vero non ho fatto in tempo a votare: ma tutto sommato meglio così. Evidentemente era destino, il fato”.

Ma sono stati nove, oltre a De Falco, i senatori del Movimento 5 stelle che non hanno preso parte alla votazione del Decreto Genova: Vittoria Deledda Bogo, Alfonso Ciampolillo, Saverio De Bonis, Luigi Di Marzio, Elena Fattori, Michele Giarrusso, Cinzia Leone, Paola Nugnes e Mario Turco.

Aggiornato il 15 novembre 2018 alle ore 16:06